Caricare le nostre foto online, su social network o siti è davvero un’azione ludica che non porta a nessuna conseguenza? E la privacy?
“L’uso improprio dei sistemi biometrici è una crisi globale e una violazione sistematica della privacy” afferma Adam Harvey, il «ricercatore dei volti rubati», il quale ha avviato, dal 2017, un progetto che analizza datasets di immagini utilizzati da enti di ricerca e aziende private.
Il ricercatore americano-berlinese con il suo progetto “Megapixel” -“progetto di ricerca che indaga sull’etica, sull’origine e sulle singole implicazioni sulla vita privata degli archivi di immagini di riconoscimento facciale ed il loro ruolo nell’espansione delle tecnologie di sorveglianza biometrica”- intende affermare che le immagini che ogni giorno tutti noi carichiamo online sono utilizzate da software sofisticati per addestrare le intelligenze artificiali al riconoscimento facciale.
Per tutto il 2019 il sito MegaPixels pubblicherà rapporti di ricerca, visualizzazioni, statistiche scaricabili e strumenti interattivi per capire come tali datasets contribuiscano a creare una catena di dati biometrici a livello mondiale che alimentano il potere dell’industria del riconoscimento facciale globale. All’interno del sito, inoltre c’è un altro dataset di analisi, “MegaFace”, che contiene 4.753.320 volti di 672.057 identità da 3.311.471 foto scaricate da 48.383.383 album fotografici di utenti.
Lo stesso Harvey, in un’intervista a “Il Foglio”, spiega come spiega a queste raccolte siano un’arma fuori controllo: “In alcuni casi questi datasets sono stati usati per ricerche finalizzate allo sviluppo di tecnologie da parte di potenze straniere”.
Uno dei dataset, creato da Microsoft Research, che ha destato maggior scalpore è MS-Celeb-lM: contiene circa dieci milioni di foto di 100.000 individui considerati celebrità, tra cui 106 immagini di Silvio Berlusconi, 108 immagini di Matteo Renzi e 102 di Beppe Grillo.
La tecnologia progredisce ormai alla velocità della luce, è difficile starle dietro e di conseguenza cambiare le nostre abitudini in base ai nuovi pericoli che si possono incontrare sul web, ma è necessario almeno iniziare a riflettere seriamente su come il gesto online più banale possa nascondere insidie che fino a qualche giorno fa non saremmo neanche riusciti ad immaginare.