I giornali dopo il Covid, informazione di qualità e su misura per i lettori, con servizi e prodotti dedicati

Più volte e da vari studi e ricerche è stato notato come durante il Covid-19 e il lockdown mondiale tutti i media, in particolare i giornali, hanno visto un boom nelle visualizzazioni. Anche gli utenti paganti sono cresciuti vertiginosamente con aumenti percentuali a tre cifre. Infatti, secondo il “Subscription Impact Report” realizzato dalla società di software Zuora, da marzo a maggio la crescita di abbonati è stata del 110 per cento, ma già da giugno la curva ha cominciato a scendere. 

Ad oggi la difficoltà è proprio in questo: trattenere i lettori fidelizzati durante il periodo di chiusura totale delle attività, soprattutto quelli paganti, che hanno preferito sottoscrivere un abbonamento. 

Per mantenerli “dobbiamo abbandonare l’idea della taglia unica, dell’offerta valida per tutti. Dobbiamo conoscere meglio i nostri clienti, alcuni dei quali sono giovani che hanno scoperto il Wall Street Journal per la prima volta, per poter creare nuovi prodotti e servizi dedicati”, dice a The Drum -sito specializzato in marketing digitale-, Suzie Watford, responsabile dell’ufficio marketing del Wall Street Journal

Il WSJ oggi conta 3 milioni di abbonati, collezionati anche grazie a un sistema di intelligenza artificiale che individua la propensione a pagare, modulando di conseguenza il numero di articoli a cui ciascuno può avere accesso gratuito prima di imbattersi in una richiesta di sottoscrizione (il cosiddetto “paywall dinamico“). 

È quindi necessario capire le esigenze del lettore e a sottolinearlo si aggiunge anche Charlie Beckett, docente di media e comunicazione alla London School of Economics, coordinatore di un progetto di collaborazione internazionale sulle applicazioni dell’intelligenza artificiale per il giornalismo:

”È importante identificare non solo una varietà di temi, ma stabilire un rapporto di fiducia e lealtà. Un lettore può affezionarsi al brand con le stesse dinamiche con le quali sceglie un marchio di abbigliamento, per questo l’investimento da fare è sul giudizio complessivo nei confronti della testata”.

Purtroppo le persone sono ancora molto restie a pagare per i contenuti informativi online, mentre fanno decisamente meno fatica a sottoscrivere abbonamenti sulle piattaforme di intrattenimento digitale (come Netflix o Spotify), ecco perché gli editori devono ragionare anche nell’ottica di questo “nuovo” tipo di concorrenza. Infatti, come spiega David Buttle, direttore commerciale globale del Financial Times:

“C’è un limite nel numero di servizi a pagamento che un individuo decide di sottoscrivere e tutto si gioca sul valore aggiunto contenuto in quei servizi”. 

Una delle soluzioni più volte pensate può essere lo sviluppo di prodotti di nicchia, mini-brand indipendenti come le newsletter, anche perché è necessario fidelizzare i lettori per il futuro dell’editoria e del giornalismo. Ma cosa dovrebbe spingere i cittadini a cambiare modello informativo e quindi convincersi a pagare i prodotti informativi?

“La nostra ricerca suggerisce tre motivi: avere accesso a un giornalismo di valore, capace di distinguersi; poter accedere a quel giornalismo con un’esperienza fluida, senza barriere; infine, credere nella missione del giornalismo indipendente”.

Rasmus Nielsen, direttore del Reuters Institute per lo studio del giornalismo alla Oxford University che ha appena rilasciato il Digital News Report 2020

Il vero danno provocato dal Covid-19 riguarda una serie di incognite e incertezze a medio e lungo termine, che non permettono ancora di capire se questo fenomeno temporaneo può diventare una consuetudine, un abitudine definitivamente instillata nel comportamento del lettore. 

Irene Vitale

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