Dopo mesi e mesi di battaglie da parte degli editori di tutto il mondo, sembra che Google stia davvero lavorando ad una serie di accordi con gli editori a livello mondiale per pagare i loro contenuti diffusi sul motore di ricerca. Google, ma anche lo stesso Facebook, hanno diffuso per anni articoli, video, foto ecc. realizzati da editori di tutto il mondo, senza condividere nemmeno una parte dei ricavi pubblicitari legati alla loro diffusione, e questo gli è stato fortemente contestato dai soggetti del settore.
I primi con cui big G ha stretto accordi sono il tedesco Spiegel Group, editore di Der Spiegel, oltre alla Frankfurter Allgemeine Zeitung (Faz) e a Die Zeit. C’è poi la società media brasiliana Diarios Associados e Solstice Media, editore di quotidiani locali in Australia tra cui The Independent Weekly, ma secondo quanto annunciato ieri da Brad Bender, vicepresidente di Google per la gestione dei prodotti relativi alle notizie, il colosso di Mountain View ha precisato che ci sono trattative aperte anche con le testate di altri sei Paesi, senza ulteriori dettagli.
Bender ha aggiunto poi che il nuovo programma rappresenta un passo avanti nell’ambito della collaborazione della grande G con il mondo dell’informazione, collaborazione che finora si è limitata a una serie di accordi di licenza su contenuti audio, sport e legati alle previsioni del meteo.
Secondo il nuovo progetto, che Bender ha detto essere operativo per la fine dell’anno, Google pagherà gli editori per ricevere in licenza audio, video, immagini e storie che saranno pubblicati sulla sua principale app mobile e saranno integrati nell’app Google News per ogni dispositivo mobile e infine su tutti gli altri prodotti aziendali.
Gli accordi sono mirati a ricevere in licenza i contenuti di notizie, sicuramente un’importante svolta all’interno della lunga diatriba in corso da diversi anni tra il colosso tecnologico e le case editrici in vari Stati. I casi di Francia e Australia hanno fatto quasi da apripista a tutta la problematica, le Authority nazionali hanno fatto pressione su Google affinché pagasse i gruppi editoriali che gli fornivano i contenuti.