Intervista ad Antonello Soro, Presidente dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali.
La pandemia ha evidenziato nuove criticità nel rapporto tra privacy e tecnologie, con possibili ricadute sulla difesa della salute dei cittadini. In questa intervista al “Diritto dell’informazione” (Doc-Web: 9343646), il Presidente dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali, chiarisce i termini della questione.
– La pandemia ha messo in discussione moltissime conquiste maturate negli ultimi anni in ambito privacy, soprattutto nella sfera dei dati sensibili di natura medico-sanitaria. Ritiene transitoria la situazione oppure bisognerà innovare la legislazione vigente e prevedere nuove garanzie?
«Per quanto non nuovo a circostanze difficilissime il nostro Paese sta affrontando in questi mesi la prova più ardua dal secondo dopoguerra. Ma l’esperienza passata – penso soprattutto agli anni di piombo – pur con tutte le sue differenze, conferma che, se gestita con “metodo democratico”, anche l’emergenza può risolversi in una parentesi destinata a lasciare inalterata – persino per certi versi più forte – la nostra democrazia. La chiave è nella proporzionalità, lungimiranza e ragionevolezza dell’intervento, oltre che naturalmente nella sua temporaneità. Il rischio che dobbiamo esorcizzare è quello dello scivolamento inconsapevole in forme di sorveglianza massiva, scambiando per efficienza la rinuncia a ogni libertà, e per soluzione salvifica la delega cieca all’algoritmo. In questo modo, una volta cessata quest’emergenza, avremo anche forse imparato a rapportarci alla tecnologia in modo meno fideistico e più efficace, mettendola davvero al servizio dell’uomo».
– Può spiegare in quale misura è lecito limitare il diritto alla privacy in situazioni come quella che stiamo vivendo?
«Benché non desiderabili, anche le limitazioni del diritto alla protezione dati, se proporzionate e temporanee come dicevo, rappresentano in questo momento il prezzo da pagare per tutelare l’incolumità di tutta la collettività e, in particolar modo, delle sue fasce più vulnerabili. La vera difficoltà da affrontare è quella di comprendere quale sia il grado di limitazione dei diritti strettamente necessario a garantire questo scopo, comprimendo le libertà quel tanto (e nulla di più) che sia ritenuto indispensabile. Entro questo confine, nel doveroso e costante bilanciamento tra diritti contrapposti, si realizza la virtuosa sinergia tra le istanze personaliste e quelle solidariste che sono tra le più nobili radici della nostra Costituzione. Mai come oggi la protezione dati si rivela indispensabile, poiché rappresenta il punto di equilibrio tra libertà e tecnica, tra persona e società, il presupposto della tenuta della democrazia anche in circostanze eccezionali».
– La polemica sulla app anti-contagio svela una scarsa consapevolezza circa la portata del diritto alla privacy. La profilazione riguarda tutte le app, eppure nessuno o quasi ha rinunciato a scaricarle per avere servizi tutto sommato meno preziosi. Lei che ne pensa?
«Si scaricano app con grande disinvoltura, installandole senza informarsi, ad esempio, sulla destinazione dei nostri dati o sulle terze parti che avranno accesso agli stessi, ma si diventa estremamente diffidenti rispetto all’app proposta dal Governo, regolata con precise disposizioni normative, utile per il contrasto del contagio e per una più efficace garanzia della salute personale e collettiva. E questo è certo un paradosso. Un aspetto che va però positivamente considerato è che l’emergenza sanitaria ha messo in luce una forte esigenza di tutela della persona nella dimensione digitale e lo straordinario ruolo che in questa funzione ha la protezione dei dati, quale strumento di regolazione, di sviluppo equilibrato delle tecnologie, di rispetto per i diritti delle persone, di salvaguardia delle libertà democratiche».
– Come giudica l’operato dei colossi del web in questa fase di gestione dell’emergenza Covid-19?
«Le grandi piattaforme hanno tutto l’interesse a sostenere i Governi nella gestione dell’emergenza sanitaria e a dare un contributo alla migliore realizzazione di sistemi di tracciamento e di allerta, perché questo aumenterà nei loro confronti la fiducia degli utenti. E la fiducia è un asset fondamentale per la leadership dell’economia digitale».
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