La multa di 1,5 miliardi di euro nei confronti di Google è stata revocata dalla Corte di Giustizia europea.
L’ammenda inflitta dall’esecutivo Ue nel 2019 era legata alla piattaforma pubblicitaria AdSense, che consente agli editori di visualizzare annunci pubblicitari sui propri siti collegati alle ricerche online degli utenti. Con questo metodo, gli editori potevano ricevere una quota dei ricavi per la visualizzazione degli annunci.
La revoca della multa, spiega il tribunale Ue, è necessario dal momento in cui l’esecutivo non ha “tenuto conto dell’insieme delle circostanze pertinenti nella sua valutazione della durata delle clausole contrattuali che aveva qualificato come abusive”.
Un caso decennale
Il colosso tecnologico detiene la gestione della piattaforma AdSense dal 2003 e alcune clausole erano espresse chiaramente. La visualizzazione di annunci pubblicitari di servizi concorrenti erano vietati o quantomeno limitati.
Iniziano così le segnalazioni: diverse grandi imprese, come Microsoft, Expedia e Telekom ma anche editori, hanno riferito alle Autorità antitrust nazionali che hanno poi riportato alla Commissione Ue.
La Commissione, dopo aver ricevuto tali segnalazioni, ha aperto l’indagine e Google nel 2016 si è vista costretta a rimuovere e modificare tali clausole. Tuttavia, nel marzo 2019 l’Ue ha stabilito che le tre violazioni precedentemente individuate in realtà costituivano un’unica prolungata infrazione iniziata nel 2006 e conclusa nel 2016, con il cambio delle clausole.
Per questo l’ammenda stabilita ammontava a 1,494 miliardi di euro, di cui Alphabet era tenuta a pagare 130 miliardi.
Cambio di rotta
Ora la multa è stata revocata poichè il Tribunale afferma che l’Antitrust ha commesso errori di valutazione della durata delle clausole. L’infrazione continuata di ben un decennio dunque, sembra non essere stata realmente comprovata, comportando l’annullamento della sanzione.
“Siamo lieti che il tribunale abbia riconosciuto gli errori della decisione iniziale e abbia annullato la multa”, commenta un portavoce di Google. “Questo caso riguarda un gruppo molto ristretto di annunci di ricerca di solo testo pubblicati su un numero altrettanto limitato di siti web di publisher. Nel 2016 abbiamo apportato modifiche ai nostri contratti per eliminare le relative disposizioni, ancor prima della decisione della Commissione”, prosegue Google, difendendosi.
“Ora studieremo attentamente la sentenza e solo allora decideremo sui possibili passi successivi”, afferma un portavoce dell’esecutivo Ue.
Articolo di T.S.