Contributi diretti all’editoria, la stampa locale come servizio pubblico per una informazione non solo utile, ma spesso esclusiva

Si è svolto mercoledì scorso il 5° incontro dei “Mercoledì degli editori”, argomento: il finanziamento dello Stato alle imprese editrici di giornali e periodici.

L’appuntamento del mercoledì pomeriggio, promosso da USPI, è giunto alla quinta puntata. Questa volta ospiti in via telematica del Segretario Generale USPI, Francesco Saverio Vetere, e del Vice Segretario, Sara Ciprianisono stati il Presidente FILE  e direttore del quotidiano Roma di Napoli, Roberto Paolo; la Vice Presidente FISC, Chiara Genisio e don Giorgio Zucchelli, Presidente USPI e direttore del settimanale Il Nuovo Torrazzo di Crema, per parlare dei contributi pubblici all’editoria.

Un approfondito resoconto dell’incontro è stato pubblicato sul nostro Notiziario.

Nell’articolo di oggi, vogliamo solo rimarcare alcuni concetti fondamentali emersi dal dibattito, che hanno trovato l’assenso unanime degli ospiti.

Innanzitutto, il principio che i quotidiani e periodici, cartacei e online, locali svolgono una funzione di “servizio pubblico” nei territori ove operano. Per di più in piccole zone del Paese, dove i grandi giornali nazionali, anche se con edizioni locali, non entrano. I giornali locali producono una informazione non solo utile, ma spesso addirittura esclusiva, ai cittadini residenti in tali località.

E, come per tutti i servizi pubblici, dalla scuola ai trasporti, l’intervento economico e finanziario delle istituzioni è indispensabile per sostenere il “servizio” stesso.

Un altro principio affermato con forza è stato quello della serietà della assegnazione dei contributi.

Infatti, oltre al riferimento al principio costituzionale di difesa del pluralismo informativo contro le sole regole di mercato, la legge che ha istituito i contributi alla stampa – e via via nelle sue varie modificazioni sempre più restrittive – ha sempre avuto riguardo ai beneficiari delle sovvenzioni, che devono essere soggetti editori con il divieto di spartizione degli utili. In sostanza, cooperative giornalistiche, enti e fondazioni che vivono (sopravvivono) del loro lavoro. Impossibile arricchirsi, se non in maniera illecita.

Inoltre, la legge per accedere ai contributi prescrive la “qualità” della informazione prodotta, attraverso l’assunzione di giornalisti con contratti a tempo indeterminato vigenti nel settore. Quindi, l’obbligo del rispetto dei codici deontologici varati a tutela della professione dall’Ordine dei giornalisti.

Per concludere – con una nota “di costume” – queste brevi considerazioni, riportiamo l’unico punto che ha registrato opinioni diverse tra i partecipanti. Alla domanda di Vetere su come abbia impattato la pandemia da civid-19 sulla diffusione e vendita delle proprie testate, ci sono state risposte contrastanti.

Mentre Zucchelli (settimanale del nord, piccola città) ha registrato un aumento delle vendite delle copie cartacee del suo giornale e una ‘esplosione’ di contatti sul sito internet durante il lockdown, Roberto Paolo (quotidiano del sud, grande metropoli), durante lo stesso periodo, ha rilevato un calo delle vendite -anche per la chiusura di diverse edicole e la difficoltà a raggiungere quelle aperte – e la penalizzazione della raccolta pubblicitaria locale.

Ma questa è l’Italia che conosciamo già.

(Foto in alto: edicola, di Anthony Majanlahti from Rome, Italy https://commons.wikimedia.org  – licenza cc-by-2.0)