La querelle giudiziaria tra AGCOM e Rai è finita di fronte al Consiglio di Stato, che ha dato ragione all’Autorità.
Il contenzioso era sorto con la Delibera AGCOM 61/20/CONS, a mezzo della quale l’Autorità aveva diffidato la Rai a cessare immediatamente le pratiche giudicate non trasparenti e discriminatorie nella vendita degli spazi pubblicitari.
L’emittente radiotelevisiva pubblica era finita sotto diffida dell’Autorità perché fissava valori teorici dei prezzi di listini mediamente più alti di quelli rinvenibili nei listini dei corrispondenti livelli della concorrenza, per poi realizzare sconti ancor più elevati e differenziati.
Avverso tale delibera, Rai aveva fatto ricorso al Tar del Lazio nel mese di aprile scorso, ottenendo la sospensione del provvedimento emanato dall’AGCOM, evitando quindi gli obblighi scaturiti dalla diffida, tra cui quello di dare evidenza delle misure attinenti alla sua politica commerciale pubblicitaria.
Ora, dietro ricorso dell’Autorità, a pronunciarsi è stato il Consiglio di Stato che ha ribaltato la situazione, accogliendo l’appello dell’AGCOM e respingendo l’istanza cautelare avanzata dalla azienda di Viale Mazzini.
L’organo giurisdizionale amministrativo di secondo grado ha ristabilito l’efficacia della delibera 61/20/CONS.
Di conseguenza, la Rai dovrà dare prova all’Authority della cessazione delle pratiche commerciali discriminatorie, proponendo un listino dei prezzi che dia ragionevole evidenza delle modalità di costruzione dei prezzi di vendita degli spazi pubblicitari e degli sconti.
Va ricordato che, già in occasione della presentazione dei palinsesti Rai 2020/2021 l’AD di Rai Pubblicità Gian Paolo Tagliavia aveva già annunciato modifiche alla proposta commerciale, con una riduzione dei listini, che non va a incidere sul saldo finale. Secondo Tagliavia, infatti, il costo per grp applicato in Rai è a oggi più alto rispetto ai competitor.
La Rai potrà ora impugnare la decisione del Consiglio di Stato entro 60 giorni dalla avvenuta notifica.