Il codice di condotta sulla disinformazione, istituito dall’Ue nel 2018, è stato aggiornato con nuovi orientamenti su come rafforzare le buone pratiche sulla disinformazione.
Gli orientamenti stabiliscono le aspettative della Commissione, chiedono impegni più rigorosi da parte dei firmatari e prevedono una più ampia adesione al codice, il primo nel suo genere a livello mondiale.
Sulla base di indicatori di performance chiari e di un solido quadro di monitoraggio, i firmatari dovrebbero ridurre gli incentivi finanziari alla disinformazione, responsabilizzare gli utenti affinché assumano un ruolo attivo nel prevenirne la diffusione, cooperare più efficacemente con i fact checker in tutti gli Stati membri e in tutte le lingue dell’UE e predisporre un quadro per l’accesso ai dati da parte dei ricercatori.
Il contesto
Gli orientamenti hanno lo scopo specifico di affrontare le carenze individuate nella valutazione del codice effettuata dalla Commissione nel 2020 e si basano sugli insegnamenti tratti dal programma di monitoraggio della disinformazione sulla COVID-19. La proposta della Commissione relativa alla legge sui servizi digitali (Digital Service Act – DSA) introduce un sostegno fondato sulla co-regolamentazione per le misure che saranno ricomprese nel codice riveduto e rafforzato.
La crisi del coronavirus ha messo chiaramente in evidenza le minacce e le sfide derivanti dalla disinformazione per le nostre società. L'”infodemia” che si è prodotta, ha comportato notevoli rischi per le società europee. “Nonostante i considerevoli sforzi compiuti finora, permane l’urgente necessità di intensificare l’impegno per combattere la disinformazione”.
Queste le novità, quindi, che vanno a rafforzare il codice in alcuni ambiti specifici:
L’Ue, inoltre, chiede ai firmatari di predisporre un Centro per la trasparenza presso il quale comunicare “quali politiche hanno adottato per dare esecuzione agli impegni previsti dal codice e come le hanno attuate, oltre a visualizzare tutti i dati e le metriche rilevanti per gli indicatori di prestazione”.
Viene chiesta anche l’istituzione di una task force permanente presieduta dalla Commissione e “composta dai firmatari, da rappresentanti del Servizio europeo per l’azione esterna, del gruppo dei regolatori europei per i servizi di media audiovisivi e dell’Osservatorio europeo dei media digitali (EDMO), che ha ricevuto oltre 11 milioni di € destinati alla creazione di 8 poli regionali per contribuire allo svolgimento e all’ampliamento delle sue attività negli Stati membri”.
“Abbiamo bisogno di un nuovo codice rafforzato: è infatti necessario che le piattaforme online e gli altri soggetti affrontino i rischi sistemici inerenti ai loro servizi e all’amplificazione algoritmica, senza limitarsi a controllare unicamente se stessi, e che smettano di consentire lo sfruttamento della disinformazione a fini di profitto, tutelando nel contempo pienamente la libertà di parola”, ha dichiarato Věra Jourová, Vicepresidente per i Valori e la trasparenza.
Le fa eco il Commissario per il Mercato interno, Thierry Breton: “Dobbiamo contenere l’infodemia e la diffusione di informazioni false che mettono in pericolo la vita delle persone. La disinformazione non può continuare a essere fonte di reddito. Abbiamo bisogno di impegni più rigorosi da parte delle piattaforme online, dell’intero ecosistema pubblicitario e della rete di verificatori di fatti. La legge sui servizi digitali ci fornirà nuovi e potenti strumenti per contrastare la disinformazione.”
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