Cardani (AGCOM): per l’editoria ancora risultati negativi (-5,2%). L’aumento della raccolta pubblicitaria è dovuto esclusivamente all’online che vale ora 2,2 miliardi (dati 2017)

Relazione annuale 2018 sull’attività svolta e sui programmi di lavoro dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Presentazione del Presidente Angelo Marcello Cardani

L’11 luglio 2018, presso la Camera dei deputati, a Roma, si è svolta la presentazione della “Relazione annuale 2018 sull’attività svolta e sui programmi di lavoro dell’AGCOM” alla presenza delle più alte cariche dello Stato.

Nel suo intervento, il Presidente AGCOM ha ricordato che «l‘informazione è un valore fondante della convivenza democratica e della libera manifestazione delle opinioni e per questo va utilizzata, costruita e diffusa con estremo rigore e cautela». L’intervento il più importante, secondo Cardani,  è «la tutela di quel bene pubblico che è l’informazione: una informazione plurale, professionale, trasparente e verificabile nelle sue fonti, autorevole e credibile quanto ai suoi contenuti. Il contrasto alla disinformazione ed alla deriva delle fake news acquisisce senso e sostanza solo se collocato nel contesto della difesa dei principi dei nostri ordinamenti democratici. Siamo ben consapevoli, infatti, che quei fenomeni e quella deriva mettono a rischio non solo, banalmente, la sopravvivenza dei mezzi d’informazione classici, quanto, soprattutto, la salvaguardia dei modelli classici di formazione dell’opinione pubblica e di costruzione del consenso, e dunque, in definitiva, dei nostri assetti democratici».

Quanto ai Big Data, Cardani ha denunciato della presenza di molti rischi, a cominciare dall’esistenza di «un ecosistema governato da poche grandi multinazionali», senza tralasciare gli «allarmanti fenomeni di polarizzazione delle opinioni» e sulla «crescente esposizione alle derive dell’odio».

Venendo al settore di nostra specifica competenza, Cardani si è espresso così: «L’editoria palesa ancora risultati negativi (-5,2%), con il settore dei quotidiani che registra una ulteriore contrazione dei ricavi dell’8,9%. Il settore nell’ultimo decennio ha perso all’incirca metà del suo peso economico». Ed ha evidenziato: «Essendo qui in gioco non solo i destini di una filiera industriale, ma anche quelli di un bene di valore strategico e sociale quale l’informazione, la crisi di questo comparto e la contestuale ascesa di Internet quale tendenziale mezzo sostitutivo si configura quale tema di policy che interroga in primis Governo e Parlamento e che richiede una riflessione di ampio respiro».

 

Sintetizzando il voluminoso Rapporto 2018, il Presidente AGCOM si è soffermato anche sullo studio dei “mercati regolati”, che – di seguito – sunteggiamo:

1. Assetto e prospettive dei mercati regolati

1.1 Premessa 

I ricavi del settore delle comunicazioni e dei singoli segmenti che lo compongono (telecomunicazioni, media e servizi postali) rappresentano anche per il 2017 oltre il 3% del PIL nazionale.

Le risorse economiche del complesso dei mercati vigilati da Agcom ammontano a oltre 54 miliardi di euro, confermando il trend di lieve crescita (+1,2%) già osservato lo scorso anno. Cresce il peso relativo di Internet, del settore postale e, in misura meno accentuata, del settore telecomunicazioni. Tende invece a ridursi, anche se con un diverso grado di intensità, il peso degli altri comparti vigilati, ossia TV, radio ed editoria. Più nello specifico, nel confronto tra i ricavi 2016 e i ricavi 2017 si osservano le seguenti dinamiche:

  • la crescita del segmento delle telecomunicazioni è dovuta all’accelerazione registrata nella diffusione degli accessi broadband e ultrabroadband da rete fissa (+3,8%), in grado di compensare positivamente la complessiva riduzione registrata per i servizi di rete mobile (-1,9%);
  • nel settore televisivo, la flessione dei ricavi riguarda essenzialmente la TV in chiaro (-3,5%). La tenuta della pay tv è riconducibile principalmente all’andamento della spesa d’utente, il cui incremento ha parzialmente assorbito le minori entrate pubblicitarie;
  • l’editoria palesa ancora risultati negativi (-5,2%). Il settore dei quotidiani, in particolare, registra una ulteriore contrazione dei ricavi dell’8,9%;
  • la radio perde qualcosa nel suo complesso (-0,7%), ma in un contesto che manifesta segnali di ripresa;
  • gli investimenti pubblicitari globali appaiono sempre più re-indirizzati dai media tradizionali alle piattaforme online, che complessivamente crescono di oltre il 12%. Google e Facebook sono naturalmente i principali beneficiari di questo trend;
  • nell’ambito dei servizi postali, infine, continuano a contrarsi i servizi tradizionali (-12,6%), mentre cresce in misura consistente il valore dei servizi di corriere espresso, che supera i 4,5 miliardi di euro (+ 11,7%), rappresentando ormai oltre il 60% delle risorse complessive del mercato postale.

1.2 Telecomunicazioni

Nel settore delle telecomunicazioni il valore complessivo dei ricavi varca la soglia dei 32 miliardi di euro e torna il segno positivo degli investimenti infrastrutturali (+1,6%), grazie al trend di ripresa degli investimenti sulla rete fissa che compensa la fisiologica decrescita di quelli sulla rete mobile dopo i balzi in avanti degli anni passati. Analogo trend positivo concerne la spesa complessiva in servizi da parte di imprese e famiglie (+1,7%). Quanto ai volumi di traffico, a fronte del perdurante ritrarsi del traffico tradizionale (fonia), aumentano gli abbonati broadband su rete fissa di circa un milione e raddoppiano gli accessi ultrabroadband (da 2,3 a 4,5 milioni). La crescente domanda di contenuti video online su rete fissa è alla base del sensibile incremento del consumo di banda e traffico dati (+30%).

1.3 Media

Il settore media – 14,6 miliardi di ricavi complessivi nel 2017 (0,9%) – presenta immagini differenti nei singoli comparti. Il dato complessivo sembrerebbe deporre per una sostanziale tenuta: crescono, ad esempio, i ricavi pubblicitari globali. Tuttavia, solo la scomposizione dei diversi mercati del settore è in grado di fornire una istantanea credibile. L’aumento della raccolta pubblicitaria è dovuto esclusivamente all’online, che cresce ancora a due cifre e vale ora 2,2 miliardi (la raccolta pubblicitaria di quotidiani, periodici e radio assieme non arriva a 1,9 miliardi), mentre quasi tutti i mezzi tradizionali registrano un andamento negativo.

1.4 TV

La televisione perde un 2% di ricavi, ma con una significativa differenza tendenziale tra tv free (-3,5%) e tv pay (-0,2%). La TV si conferma ancora il mezzo con la maggiore valenza informativa, sia per frequenza di accesso anche a scopo informativo, sia per importanza e attendibilità percepite. Crescono le forme di accesso non tradizionali alla tv; in tal senso il 2017 può essere ricordato anche come l’anno della definitiva consacrazione della “televisione liquida”, con una stima di circa 3 milioni di cittadini che guardano abitualmente la tv in streaming e in numero 3/4 volte superiore che scaricano abitualmente contenuti televisivi sui propri device. La televisione tradizionale manifesta comunque importanti segni di tenuta sia in termini di valore economico, come si è appena ricordato, sia in termini di ascolti, con una audience media nel prime time serale stabilmente sopra i 25 milioni di contatti, come a fine 2016.

1.5 Internet

Internet, a sua volta, cresce come mezzo di informazione, oltre che come veicolo pubblicitario. Tuttavia l’attendibilità percepita delle fonti informative online, come testimonia la nostra ultima ricerca sui consumi di informazione, rimane mediamente inferiore rispetto a quella delle fonti tradizionali. Altro elemento interessante consiste nella tendenza degli italiani ad accedere all’informazione online prevalentemente attraverso fonti c.d. algoritmiche, in particolare social network e motori di ricerca.

1.6 Radio

La radio, come già nel 2016, registra segnali di tenuta e consolidamento delle proprie posizioni tradizionali sia in termini di ricavi complessivi (626 milioni di euro, -0,7%), sia in termini di audience.

1.7 Editoria quotidiana e periodica cartacea

Il valore economico del settore dell’editoria quotidiana e periodica, al contrario, registra una ulteriore flessione: 3,6 miliardi di ricavi complessivi, ossia il -5,2%. Il settore nell’ultimo decennio ha perso all’incirca metà del suo peso economico. Essendo qui in gioco non solo i destini di una filiera industriale, ma anche quelli di un bene di valore strategico e sociale quale l’informazione, la crisi di questo comparto e la contestuale ascesa di Internet quale tendenziale mezzo sostitutivo, si configura quale tema di policy che interroga in primis Governo e Parlamento e che richiede una riflessione di ampio respiro.

 

1.8 Servizi postali

Nel settore dei servizi postali il 2017 ha visto una crescita dei ricavi di oltre il 6% rispetto all’anno precedente. L’intero mercato vale oggi circa 7,5 miliardi di euro, grazie in particolare alla crescita del segmento dei corrieri espresso. Per contro, assistiamo ad una strutturale contrazione dei servizi di corrispondenza (compreso il recapito della stampa – n.d.r.).

I volumi sono diminuiti del 5,8%, fino ad un ammontare pari a 3,8 miliardi di invii. In particolare nel mercato dei corrieri espresso, ma anche globalmente, si è registrata una ulteriore discesa della quota complessiva di mercato di Poste Italiane di circa il 2% rispetto al 2016.

2. L’evoluzione dei media e la rivoluzione digitale

Nella Relazione Annuale 2018, l’Autorità ha prestato notevole attenzione allo sviluppo dei giornali online e alla rivoluzione digitale. Ecco, in sintesi, quanto riportato:

È ampiamente riconosciuto che i mezzi di comunicazione costituiscono la fonte primaria a cui i cittadini si rivolgono per avere informazioni ma anche per maturare orientamenti utili alle scelte politiche. I media, quindi, hanno grande rilevanza sociale e sono in grado di influire su aspetti essenziali della vita democratica.

Il ruolo istituzionale e l’azione regolamentare dell’Autorità nel settore dei media si fondano sulla necessità di vigilare sul sistema informativo e assicurare la tutela del pluralismo. In un contesto in cui spesso l’evoluzione dei mercati è più veloce dell’evoluzione normativa, Ne è un esempio il “Tavolo tecnico per la garanzia del pluralismo e della correttezza dell’informazione sulle piattaforme digitali”, avviato dall’Autorità con tutti gli stakeholder del settore, per affrontare la problematica relativa alla disinformazione online. Lo scenario mondiale è infatti attualmente caratterizzato dall’emergere di fenomeni patologici quali quello delle c.d. fake news, e, più in generale, della disinformazione veicolata sempre più spesso attraverso le nuove piattaforme online.

La crescente rilevanza di Internet è testimoniata dal fatto che tra i principali operatori del SIC, tre provengono dal mondo dell’online (Google, Facebook e Italiaonline).

Questa recente evoluzione, se posta in prospettiva, appare il naturale sviluppo di un ecosistema dell’informazione che da anni sconta irrisolte criticità strutturali. Focalizzando, ad esempio, l’attenzione sulle risorse pubblicitarie – componente che assume sempre più rilevanza tra le fonti di finanziamento dei mezzi di informazione, tanto da rappresentarne oltre la metà delle risorse complessive – si rileva la crescente e strutturale importanza assunta dall’online advertising.

Nel periodo 2012-2017 si registrano riduzioni nella raccolta pubblicitaria di tutti i mezzi tradizionali, mentre l’online cresce di oltre il 46%. La stampa è il  comparto che ha registrato il declino più significativo, con una riduzione pari a circa il 38% in sei anni (36% per i quotidiani e 40% per i periodici). A partire proprio da quotidiani e periodici, la riduzione dei ricavi sottostante all’affermazione di un modello informativo online e gratuito ha indotto gli editori a tagliare costi e investimenti nel prodotto informativo, innescando una spirale che si è riflessa anche sulla qualità dell’informazione e quindi sulla reputazione dell’intero sistema informativo.

Sotto questo aspetto, l’Autorità ha compiuto, nel Rapporto sul consumo di informazione, una approfondita analisi sul percorso che conduce il cittadino ad acquisire effettivamente l’informazione divulgata dai mezzi di comunicazione, indagando i moderni modelli di accesso e consumo dell’informazione, nonché i fattori atti a incidere sui predetti modelli. L’analisi ha mostrato come la televisione mantenga il primato come fonte informativa, sia in assoluto sia per frequenza di accesso. Oggi, come in passato, la tv rappresenta non soltanto il mezzo più diffuso in Italia, ma anche la porta privilegiata di accesso all’informazione,  essendo utilizzata da oltre il 90% degli italiani per informarsi. Quando si circoscrive l’accesso ai fini informativi, però, Internet balza al secondo posto, superando la radio. Questi valori confermano la crescente e oramai assoluta importanza della rete nell’ecosistema informativo nazionale e il progressivo spostamento verso diete mediali caratterizzate dal consumo flessibile tipico dei mezzi online.

È da rilevare, inoltre che, affinché l’informazione possa raggiungere un individuo, è indispensabile che egli non solo acceda ai media e compia la scelta ulteriore di fruire dei contenuti informativi messi a disposizione dagli stessi, ma anche che il proprio consumo di informazione avvenga in maniera effettiva e attenta, caratteristica che sembra contraddistinguere i quotidiani più degli altri mezzi. Viceversa, alla grande e sempre maggiore affermazione di Internet come mezzo di informazione di massa, si associano spesso bassi livelli di attenzione. In quest’ultimo caso, infatti, il consumo di informazione avviene spesso in maniera disintermediata (ad esempio attraverso social network), per mezzo di applicazioni in cui le notizie sono confuse con altre informazioni, e contemporaneamente ad altre attività.

Sotto il profilo del pluralismo informativo e della sua salvaguardia, assume rilevanza comprendere se i cittadini scelgono di reperire informazioni accedendo a un solo mezzo o a una pluralità di media. Posto che i vari mezzi possono non veicolare le stesse informazioni, avendo accesso a più mezzi, un individuo ha maggiore probabilità di raggiungere (attivamente o passivamente) l’informazione, così come lo stesso ha maggiori opportunità di conoscere diversi punti di vista e orientamenti sulla base dei quali formare le proprie opinioni. Sotto questo punto di vista, la dieta informativa degli italiani è caratterizzata da uno spiccato fenomeno di cross-medialità, che oramai riguarda oltre tre quarti della popolazione italiana.

Rimane, comunque, una nicchia di italiani (circa il 5%) che non si informa affatto (almeno non attraverso i mezzi di comunicazione di massa).

L’Autorità ha poi condotto uno specifico approfondimento sul consumo di informazione online. L’esame delle caratteristiche e delle modalità di fruizione per scopi informativi delle fonti governate da algoritmi (in particolare dei social network) ha messo in evidenza luci e ombre, riconducibili principalmente alla varietà e pluralità delle fonti online, da un lato, e alla scarsa riconoscibilità dell’informazione in rete e alla tendenza degli utenti del mezzo alla polarizzazione ideologica, dall’altro. Parallelamente all’analisi della domanda di informazione, l’Autorità ha svolto un approfondimento sulle nuove forme di offerta, tra cui, in particolare, quelle riconducibili agli editori esclusivamente online.

L’innovazione tecnologica ha indotto nuove forme di fruizione dei contenuti informativi, nuovi ingressi nel settore, ma anche nuove forme di fallimenti di mercato che stanno ridefinendo tutte le fasi della filiera dell’informazione, dalla produzione al consumo.

In particolare, l’analisi condotta nell’ambito dell’ “Osservatorio sulle testate online(alla quale ha partecipato anche l’USPI) consente di delineare per la prima volta un quadro accurato del settore, evidenziandone caratteristiche e criticità. Innanzitutto, il settore vede la presenza di poche imprese di maggiori dimensioni (la c.d. “testa” della distribuzione settoriale) e un’elevata presenza di piccoli editori (“coda lunga”). Questa peculiare distribuzione, tipica di molti mercati Internet, è dovuta alla presenza di basse barriere all’entrata e, al contempo, di elevati ostacoli al successivo sviluppo economico delle testate.

L’Autorità calcola in ben oltre un migliaio gli editori che editano testate online; molti di essi provengono dai media tradizionali, in particolare da quotidiani e periodici. Limitando l’analisi ai soli editori web puri, attualmente essi possono essere stimati in circa 800 unità.

Il ricavo medio annuo di questi editori è pari a 337.806 euro, ma la distribuzione per classi di fatturato è assai differenziata, tale da rendere il valor medio un dato poco illustrativo delle caratteristiche del settore. Nel caso delle testate online, si può dire che la “coda lunga” della distribuzione sia formata dal 68% dei soggetti attivi nel settore, imprese che fatturano annualmente meno di 100.000 euro. Il che dimostra l’esistenza di una grossa fetta di editori che presentano carattere più amatoriale che commerciale. La “testa” della distribuzione è formata da un 7% di editori web che fatturano mediamente intorno ai 3 milioni di euro. Comunque, si tratta di realtà di dimensioni economiche limitate, non paragonabili alle realtà tradizionali.

Dall’analisi di questo settore emerge in tutta la sua rilevanza la sussistenza di una forte correlazione tra risorse economiche e investimenti. La carenza di adeguate risorse, correlata all’asimmetrica distribuzione della pubblicità online, impedisce spesso agli editori online di strutturarsi, investendo nella professione giornalistica. Il problema del finanziamento dell’informazione e dei c.d. modelli di business degli editori web, è stato approfondito e ne emerge un quadro in cui la differenziazione del prodotto informativo (in particolare di tipo orizzontale) assume una rilevanza centrale.

Le testate online si sono naturalmente specializzate, per tipologia di contenuto e per ambito territoriale di riferimento. La specializzazione dei contenuti, in particolare, permette ad alcuni editori di stimolare la disponibilità a pagare di alcune nicchie di utenza, in particolare quelle dei professionisti, anche se  l’informazione online è quasi esclusivamente di tipo gratuito. Mentre il primo (tipologia di contenuto) è spesso appannaggio dei quotidiani cartacei e dei relativi siti web, le testate online si caratterizzano soprattutto in termini geografici. Oltre la metà di esse (51%) presenta, infatti, un profilo locale, offrendo una risposta alla domanda di informazione di prossimità e consentendo un riscontro all’esigenza di fare parte di una comunità, ponendosi sempre più spesso come punto di riferimento per il cittadino, assolvendo sovente allo stesso ruolo svolto finora dal quotidiano cartaceo locale, ma con il maggiore coinvolgimento permesso dai social network. L’analisi evidenzia come il bacino territoriale di riferimento per le testate online sia più spesso quello provinciale (34%), rispetto ad ambiti più ristretti (comunale, 3%) o più allargati (regionale, 14%).

Peraltro, l’ascesa di Internet come fonte di informazione risente anche delle specificità dell’offerta informativa online, che si contraddistingue per abbondanza e personalizzazione di contenuti, rinvenibili in siti/applicazioni sia di editori tradizionali ed esclusivamente online, sia di aggregatori di notizie e social media.

L’importanza che rivestono le piattaforme (Google e Facebook in particolare)  per arrivare a raggiungere la propria audience, anche in virtù del tipo di navigazione che avviene attraverso di esse, rende, anche per ovvie ragioni storiche, le testate online e i loro marchi meno riconoscibili e popolari presso il pubblico, rendendo, come detto, il cittadino sempre meno consapevole della fonte informativa da cui provengono le notizie a cui accede.

Si rileva, quindi, che, se nel breve periodo l’utilizzo di motori di ricerca e social network porta agli editori traffico e audience, nel più lungo periodo rischia tuttavia di rallentare il processo di affermazione dei nuovi marchi editoriali, dato che gli utenti che accedono alle notizie tramite gli intermediari online spesso non le associano agli editori quanto piuttosto alle piattaforme stesse, rendendo impraticabile il finanziamento delle notizie, specie di attualità, attraverso modelli a pagamento.

L’affermazione di nuovi formati di news online, quali i video, e la loro distribuzione tramite le piattaforme, comporta inoltre una certa confusione tra le hard news (notizie di attualità, politica, cronaca, ecc.) e le soft news (ad esempio quelle relative al gossip). La confusione delle fonti e dei formati rischia di confondere i piani informativi, non riuscendo spesso il cittadino a distinguere la testata online dalla piattaforma che la veicola. Ciò, in momenti di diffusione di notizie false o comunque non verificate, accresce la sensazione di poca affidabilità dell’intero ecosistema online.

Allegato:

Il video della Relazione Annuale (da www.agcom.it)

Foto in alto: Angelo Marcello Cardani, Presidente AGCOM (da www.agcom.it)