Il governo sta valutando le possibili soluzioni alternative, anche di carattere normativo, che possano rendere la misura concretamente fruibile in tempi brevi, così da assicurare un risultato positivo agli operatori economici, una tempistica che non si discosti sostanzialmente da quella già programmata, e modalità applicative che non entrino in conflitto con i parametri della normativa europea.
La prima risposta ufficiale della Commissione Europea in ordine al credito d’imposta per gli investimenti pubblicitari incrementali sulla stampa e sulle emittenti radiofoniche e televisive locali, pervenuta dalla Direzione Generale Concorrenza il 21 novembre nella forma della “warning letter”, tramite la Rappresentanza Permanente dell’Italia presso l’UE, contiene una serie di rilievi su diversi aspetti della misura.
Lo riferisce il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri, in una nota pubblicata sul proprio sito internet, il 30 novembre 2018.
Una prima obiezione, si legge nella nota, riguarda i media che la norma prende in considerazione per l’ammissibilità dei costi pubblicitari al “bonus”: la DG Concorrenza ipotizza che si configuri un aiuto di Stato indiretto, con profili di selettività rispetto ai media non presi in considerazione dalla norma (emittenti radiofoniche e televisive attive a livello nazionale, imprese editoriali stabilite in altri paesi europei o attive su internet).
Una seconda obiezione riguarda gli investimenti per l’anno 2017, per i quali la misura avrebbe carattere sostanzialmente retroattivo, perdendo quindi la sua funzione incentivante.
Infine, nella lettera della Commissione Europea, viene obiettato che i costi della pubblicità sono generalmente classificati come costi di funzionamento (e non di investimento) secondo i principi generali contabili che regolano il bilancio delle imprese, e tale classificazione contabile impedirebbe – al di là della loro finalità sostanziale di consolidamento della posizione dell’impresa sul mercato – di considerarli quale base di calcolo per una misura di aiuto coerente con i principi della normativa europea in materia.
«Si tratta – commenta la nota del Dipartimento – come appare evidente, di obiezioni che nascono dalla rigida considerazione dei criteri che ispirano in generale la normativa europea in tema di aiuti di Stato e di concorrenza; criteri che, in questo caso, vanno invece contestualizzati e temperati in considerazione delle peraltro, peculiarità che distinguono il settore dell’editoria e dell’informazione, nel quale la concorrenza tra imprese di diversi paesi è molto attenuata – anche sotto il profilo delle scelte di investimenti pubblicitari da parte degli operatori economici – in relazione al carattere intrinsecamente “locale” delle pubblicazioni, legate alla lingua del paese di riferimento».
Il Dipartimento, insieme alle altre amministrazioni pubbliche interessate, sta ora valutando con attenzione le risposte da fornire alla Commissione.
Va detto, peraltro, come sottolinea e conclude il DIE – «che il contraddittorio con la Commissione implica l’instaurazione di un procedimento complesso, non governabile dall’Amministrazione anche sotto il profilo della tempistica; per questo motivo, si stanno valutando contemporaneamente delle possibili soluzioni alternative, anche di carattere normativo, che possano rendere la misura concretamente fruibile in tempi brevi, così da assicurare un risultato positivo agli operatori economici, una tempistica che non si discosti sostanzialmente da quella già programmata, e modalità applicative che non entrino in conflitto con i parametri della normativa europea».
Vedi: Elenco dei soggetti richiedenti il credito d’imposta per l’anno 2018 (nota DIE del 21 novembre 2018).
Vedi: Precisazioni sul “bonus” per l’anno 2017 (nota DIE del 26 novembre 2018.
(Foto in alto: sede del Dipartimento per l’informazione e l’editoria, Roma, © USPI 2018)