È iniziata domenica sera la campagna “The Right to Know” (il diritto a sapere) di tutti i quotidiani australiani che nella giornata di lunedì sono usciti con una prima pagina quasi completamente censurata per lanciare un appello: maggiore libertà d’informazione nel Paese. La protesta, accompagnata da pubblicità in radio e sulle reti televisive a livello nazionale, chiede ai cittadini: “Quando il governo vi nasconde la verità, che cosa nasconde?”.
Alla protesta hanno aderito tutti i maggiori quotidiani cartacei australiani, da quelli del gruppo News Corp dell’imprenditore Rupert Murdoch come The Australian, Daily Telegraph e Herald Sun a quelli del concorrente Nine Entertainment, come The Sydney Morning Herald, The Age e The Australian Financial Review.
Tutto è partito da due raid del giugno scorso, ordinati in applicazione delle leggi di sicurezza nazionale, che avevano scosso l’opinione pubblica della popolazione dell’isola: la polizia federale, infatti, era entrata nell’abitazione di una giornalista della News Corp e nella sede dell’emittente pubblica nazionale Abc a Sydney per raccogliere documenti, contenenti materiale riservato, motivo di imbarazzo per il governo. Questi documenti erano stati fatti trapelare da vari whistleblower, ovvero persone che, lavorando all’interno di una organizzazione o azienda pubblica o privata si ritrovano ad essere testimoni di comportamenti irregolari, illeciti o potenzialmente dannosi per la collettività e quindi decidono di segnalarlo all’interno dell’azienda, all’autorità giudiziaria o all’attenzione dei media, con la finalità di porre fine a quel comportamento.
Quindi, con la protesta iniziata domenica, i media australiani chiedono 6 riforme, fra cui leggi per assicurare la libertà d’informazione il diritto degli organi di informazione di impugnare un mandato utilizzato per un raid di polizia e una più forte protezione dei whistleblower del settore pubblico.
La risposta delle autorità alla protesta dei giornali non ha tardato ad arrivare. Il Primo Ministro australiano Malcolm Turnbull ha subito replicato: “Abbiamo sempre creduto alla libertà di stampa. Crediamo anche nella legge e nessuno è al di sopra della legge”.
In ogni caso, il governo ha chiesto ad una commissione parlamentare di indagare sull’impatto delle leggi sulla sicurezza e dei poteri dell’intelligence sulla libertà di informazione. Nel mese di novembre la commissione riferirà in Parlamento i risultati dell’indagine.
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