Secondo l’Autorità per le comunicazioni, per un intervento diretto sulla piattaforma è necessaria una modifica normativa.
Il Consiglio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha esaminato l’istanza con la quale la Federazione degli editori e ha chiesto la rimozione di tutte le edizioni digitali di testate pubblicate su alcuni canali della piattaforma di messaggistica istantanea TELEGRAM, nonché di sospendere l’accesso alla intera piattaforma.
In una comunicato stampa pubblicato sul sito il 23 aprile scorso, l’AGCOM ha prontamente avviato un confronto con la piattaforma che ha portato all’adeguamento parziale alla richiesta dell’Authority da parte di Telegram che ha rimosso 7 degli 8 canali segnalati.
L’Autorità ha dichiarato di essere consapevole del carattere illecito della diffusione di intere edizioni digitali dei giornali sui canali Telegram e del grave danno che ciò arreca all’industria editoriale e, conseguentemente, al pluralismo dell’informazione e al giornalismo di qualità.
Nel ribadire il proprio forte e fattivo impegno a difesa della proprietà intellettuale, l’Autorità ha però sottolineato che «i suoi interventi devono svolgersi esclusivamente nell’ambito e nei limiti del regolamento stesso, conforme alle leggi dello Stato e alla normativa europea».
Pertanto riguardo agli interventi di carattere autoritativo, AGCOM ha segnalato che può adottare provvedimenti che hanno come diretti destinatari soltanto soggetti compresi nel perimetro dei propri poteri regolatori. «Quando la violazione avviene sui canali di un sito ubicato fuori dal territorio nazionale, come nel caso di Telegram, – ha spiegato l’Autorità – essa non può che rivolgersi ai provider italiani che forniscono l’accesso a internet, ordinando loro di procedere alla disabilitazione dell’accesso all’intero sito. Non è infatti possibile ordinare la rimozione selettiva dei soli contenuti illeciti, in quanto ciò comporterebbe l’impiego di tecniche di filtraggio che la Corte di giustizia europea ha giudicato incompatibili con il diritto dell’Unione».
Per legittimare un intervento diretto di AGCOM nei confronti di Telegram, quindi, occorrerebbe una modifica della normativa primaria che consenta di considerare stabiliti in Italia – con riferimento ai diritti di cui all’art. 4, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 70 del 2003 – gli operatori che offrono servizi della società dell’informazione nel territorio italiano utilizzando risorse nazionali di numerazione.
Allo stato, quindi, l’Autorità non può che applicare il proprio regolamento, a norma del quale il Consiglio ha deliberato di archiviare gli atti e di trasmetterli nel contempo all’Autorità giudiziaria, come stabilisce la legge sul diritto d’autore. Ciò consentirà alla magistratura – i cui poteri non soffrono le stesse limitazioni proprie di quelli di un’autorità amministrativa – di perseguire penalmente tutti gli autori delle violazioni.
Contestualmente, conclude la nota pubblicata, AGCOM si impegna: «A coinvolgere anche la Polizia postale e la Guardia di finanza affinché perseguano – al pari di quanto è stato fatto in relazione alle IPTV pirata – gli utenti che caricano e condividono sulla piattaforma le copie dei giornali e segnalerà a Google Play ed Apple store, i principali negozi virtuali di app, di tener conto dell’utilizzo dell’app Telegram in Italia, più che altrove destinato ad usi illeciti».