Il Parlamento europeo depenna l’emendamento sul fair share per dare spazio a progetti di semplificazione delle fusioni tra gatekeepers e del consolidamento Ue.
L’ipotesi fair share
Ad inizio ottobre di quest’anno, venti telco avevano proposto all’Ue di introdurre una norma che imponesse l’obbligo verso le big tech di contribuire in parte agli investimenti sulle reti in banda ultralarga. Pur usufruendo e traendo vantaggio dalle reti fornite dalle tlc, gli OTT, infatti, non pagano tali servizi.
Le società tlc hanno stimato che i costi degli investimenti necessari per incontrare il target del decennio digitale 2030 arrivano a 174 miliardi di euro. Spesa che le sole tlc non sarebbero in grado di sostenere.
Lo stop del Pe
Tuttavia, è stato presentato al Parlamento europeo un emendamento alla relazione annuale sulla politica di concorrenza, rimuovendo ogni accenno al fair share.
Il nuovo testo vuole riconsiderare, piuttosto, le linee guida sulle fusioni dei gatekeepers e consolidare la posizione Ue con la nascita di operatori di telecomunicazioni paneuropei.
La proposta del fair share, già inizialmente bocciata al 90% dalla consultazione pubblica, esce, quindi, definitivamente dai piani dell’Ue.
Il Commissario europeo per il mercato e i servizi, Thierry Breton, ha dunque pubblicato un articolo su LinkedIn rinviando la proposta a un progetto di riforma più ampio per regolamentare le tlc con un Digital Networks Act (DNA), ritenuto più adeguato.
Il Commissario Breton anticipa che la questione sarà nuovamente discussa nel primo trimestre del 2024 e raggiungerà un accordo finale verso la metà del 2025.
Articolo di T.S.