“Ci siamo tirati fuori, in controtendenza e con convinzione”. Queste le parole della direttrice del Giornale di Brescia, Nunzia Vallini, che da qualche giorno ha deciso di uscire da Facebook e di non condividere più i propri contenuti giornalistici ed editoriali sul social più utilizzato in Italia.
È la prima testata italiana a prendere una simile decisione, sicuramente consapevole, considerando che “il 16% del traffico del nostro sito (che dall’inizio di quest’anno ha raggiunto 18 milioni e mezzo di utenti per oltre 286 milioni di pagine viste) viene proprio dai social. In ogni caso non abdichiamo alla nostra missione, anzi”, si legge sull’editoriale.
Lo scenario è ben conosciuto da tutti gli editori, italiani e non. I social network, con Facebook in testa, hanno un ruolo strategico nella diffusione delle notizie online e da tempo di parla (anche a livello europeo) di una regolamentazione in merito. Ognuna di queste piattaforme utilizza degli algoritmi per la diffusione, che spesso ripropongono all’utente post o contenuti con il maggior numero di like o di commenti e questo spesso non fa altro che gettare benzina sul fuoco: “Troppe parole in libertà, troppi insulti, troppo astio. E troppi profili fake (falsi) che se non generano notizie altrettanto false, si dilettano in manipolazioni neppure tanto dissimulate”.
È questo il motivo che sta alla base della coraggiosa decisione presa dal Giornale di Brescia. “Crediamo esista una sorta di corresponsabilità quantomeno morale se gli aggiornamenti di una pagina Facebook diventano – volenti o nolenti – pretesto per veicolare falsità, rabbia e frustrazioni o, peggio ancora, commenti che nulla hanno a che vedere con la pluralità delle idee e loro libera e sacrosanta espressione, e ancor meno con il diritto-dovere di informare ed essere informati”.
Si parla quindi di libertà di informazione, espressione, cronaca e di pluralismo informativo, tutti diritti sacrosanti che però non devono scaturire nella degenerazione di alcuni comportamenti violenti o distruttivi: “Consideriamolo una sorta di lockdown contro il virus delle maleparole che non cercano il dibattito, ma la rissa. Che non informano ma demoliscono. Che non vogliono costruire nulla, tantomeno consapevolezza, e che mirano solo a delegittimare, seminare odio, rancore, razzismo”.
Il livello di violenza verbale sulle pagine Facebook a volte raggiunge livelli impressionanti che superano ogni limite di decenza e civiltà ecco perché il giornale bresciano ha preso questa decisione, “dettata dal fatto che la nostra integrità e i nostri valori ci impongono di non voltare la testa davanti a un fenomeno simile: è una presa di posizione“.
E la direttrice chiarisce una volta per tutte: “Non intendiamo barattare la nostra visibilità con la connivenza a questo gioco malato. Né la nostra storia e il nostro stile con il ‘traffico’ che di fatto premia chi grida (e insulta) di più, con spesso strafalcioni lessicali compresi. Può suonare fuori moda, ma alla quantità scegliamo la qualità, chiedendo scusa e pazienza ai tanti ‘amici veri’ di Fb con i quali sino ad ora avevamo condiviso quotidianità e informazione con soddisfazioni reciproche, pure loro vittime – come e con noi – di questo virus malsano che cerca nell’insulto e nella delegittimazione la sua forza”.