L’istituto per la competitività (I-Com) ha analizzato lo sviluppo delle reti 5G in Europa (Italia compresa) nello studio dal titolo Il 5G per rilanciare l’Italia in sicurezza.
I risultati emersi riguardano i rischi che la velocità di sviluppo di questo nuovo sistema potrebbe portare ai Paesi europei e mondiali: mettere in pericolo l’implementazione dei nuovi servizi e limitare i benefici economici che ne deriverebbero.
Il dato interessante è che, ad oggi, solo 779 europei su 100mila abitanti risultano essere connessi in 5G, contro i 16.744 della Corea del Sud e i 12.790 della Cina. Primi in Occidente sono gli Stati Uniti ma si fermano a 2.300 utenti ogni 100mila. Siamo già abbastanza indietro, quindi, se si considera, inoltre, che in Europa il 50% delle infrastrutture di rete mobile è 4G.
Nel nostro Paese lo sviluppo del 5G è gestito, per ora, da Tim e Vodafone, che al momento coprono le zone di Roma, Milano, Torino, Firenze, Napoli, Bologna, Genova, Sanremo, Brescia e Monza, con altre aree in fase di sperimentazione (Repubblica di San Marino, Bari, Matera). Entro il 2021 dovrebbero essere coperte altre cento città italiane grazie ad un accordo tra le due big.
Dal punto di vista economico, anche il presidente di I-Com ricorda che si tratta di “un’occasione che non può essere mancata soprattutto dopo l’emergenza determinata dalla diffusione del Covid-19 in cui è emersa ancora più fortemente l’irrinunciabilità di proseguire, e auspicabilmente velocizzare, il roll-out delle reti di nuova generazione“.
Lo sviluppo, partito con un forte impulso in ogni Paese europeo, ha poi subito un rallentamento dovuto sicuramente all’emersione di un’esigenza legittima, ovvero quella di un “approccio comune che garantisca la creazione di un ecosistema ma favorevole agli investimenti”.
Nel nostro Paese, inizialmente, i problemi riscontrati hanno riguardato le limitazioni poste da svariati comuni della penisola, all’installazione delle antenne e delle infrastrutture predisposte per la diffusione capillare della nuova rete. nel luglio scorso, però, il decreto Semplificazioni (n. 76 del 2020) ha introdotto il divieto per gli enti locali di introdurre limitazioni in tal senso.
Il problema di cui realmente ci si deve occupare è quello della sicurezza: “In questo contesto, le dinamiche di mercato si intrecciano inestricabilmente con quelle relative alla sicurezza, che hanno assunto una connotazione geopolitica scaturita nell’innalzamento dei vincoli per l’accesso al mercato da parte dei fornitori extra-europei di apparecchiature 5G, fino ad una vera e propria esclusione a priori praticata in alcuni Paesi, in particolare quelli che fanno capo ai Five Eyes (il coordinamento dei servizi di Stati Uniti, Regno Unito, Australia, Nuova Zelanda e Canada, ndr)”, prosegue lo studio.
La soluzione può essere quella di aderire a forme condivise di regolazione della cyber sicurezza, predisponendo “rapidamente e compiutamente un set di strumenti normativi in grado di creare un ecosistema improntato a quella chiarezza e certezza indispensabili ad assicurare uno sviluppo sicuro delle reti 5G“.