Arriva dagli States l’ennesima causa contro OpenAI, la società che ha sviluppato ChatGPT.
OpenAI finisce di nuovo in tribunale, ma questa volta l’accusa parte da 10mila scrittori che hanno firmato una lettera contro i grandi colossi del settore come Meta, Google, Stability AI.
Nello specifico, gli autori denunciano la casa madre del chatbot di essersi indebitamente appropriata delle loro opere per allenare i software IA, violando, di fatto, la proprietà intellettuale.
In effetti, queste società non hanno chiesto nessun permesso prima di utilizzare i prodotti editoriali di migliaia di scrittori per poi sfruttarli economicamente.
Così hanno deciso di citare in giudizio i giganti della Silicon Valley esigendo che venga richiesto il loro consenso prima di poter usufruire delle loro opere.
Ma non solo, gli scrittori lamentano il fatto che i software IA assimilano e rielaborano tutte quelle informazioni che, illegalmente, vengono date in pasto alle macchine per migliorare le loro capacità.
Sembrerebbe infatti che i chatbot siano capaci di imitare gli stili personali degli scrittori, frutto di duro lavoro ed anni di ricerca. Queste motivazioni hanno spinto gli scrittori a portare avanti un’azione legale per violazione del copyright contro OpenAI e le altre società di sviluppo.
Articolo di F.M.
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