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Upa, nel 2020 pubblicità chiuderà al -17%, lenta ripresa dopo il lockdown

Stime leggermente più incoraggianti quelle di UPA (Utenti Pubblicità Associati) per quanto riguarda il calo del mercato pubblicitario nel 2020. L’associazione che raggruppa i principali investitori in pubblicità prevede un -17% per l’anno in corso, un numero più rassicurante di quelli presentati nelle scorse settimane (-18% di raccolta pubblicitaria 2020 rispetto al 2019 previsto dal Politecnico di Milano, e -17/-20% stimata da Group M).

I dati emergono dalla tradizionale survey effettuata tra gli associati UPA effettuata in queste ultime settimane e il Presidente Lorenzo Sassoli de Bianchi precisa che la previsione “riguarda soprattutto il settore del largo consumo (alimentari, bevande, cura della casa, cura della persona), mentre per i beni durevoli (ad eccezione dell’auto) e i servizi (ad eccezione dell’industria alberghiera) le previsioni potrebbero essere migliori di circa un punto”.

“Gli effetti dell’emergenza sanitaria hanno inciso pesantemente nei due mesi del lockdown, mentre già da maggio assistiamo a una progressiva ripresa che dovrebbe portare a una chiusura d’anno tutto sommato meno negativa delle attese”, continua il Presidente UPA.  Secondo l’associazione, inoltre, la contrazione degli investimenti pubblicitari riguarderà soprattutto “i grandi investitori (che investono oltre 80 milioni l’anno) e i piccoli (che investono fino a 5 milioni l’anno), mentre i medi e medio grandi (40-80 milioni l’anno) ridurranno i loro investimenti in comunicazione in misura inferiore”.

Sicuramente dopo i crolli immensi dei mesi di marzo, ma soprattutto di aprile, serviranno decisi cambi di marcia per arrivare a una media annua del -17%. 

Anche a livello mondiale le cose non vanno poi tanto meglio: da qualche settimana è partito un movimento di protesta contro Facebook e i social media in generale, causa incitamento all’odio e fake news, che sta portando tantissimi colossi a ritirare i loro budget di comunicazione su Facebook, Instagram, YouTube o Twitter. Moltissime grandi aziende (come Patagonia, North Face, Adidas, i brand del gruppo Unilever, Levi’s, Starbucks, Pfizer, Coca-Cola, Verizon, Honda, Ford, Adidas, Puma, Hp, Diageo, Clorox, Conagra e Microsoft e altre) hanno deciso di non pianificare la loro pubblicità sui social media e molto probabilmente faranno solo dei tagli lineari ai loro investimenti in comunicazione. 

Irene Vitale

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