Il 32% delle persone “spesso” o almeno “qualche volta” sceglie di “evitare le notizie”. Il numero percentuale era del 29% nel 2017, con una crescita registrata del +3%.
Il 39% degli intervistati imputa questo comportamento alla quantità sempre più alta di notizie negative: “News in major negative and has a huge impact on everyone who whatches it. There’s never any positive or happy news” (“Le notizie sono maggiormente negative è ciò ha un enorme impatto su chiunque le guardi. Non c’è mai nulla di positivo o buone notizie”).
Lo studio è stato condotto dal Reuters Institute in collaborazione con l’Università di Oxford (tramite un sondaggio che ha coinvolto 75.000 intervistati, 38 Stati e 6 continenti) e descrive una situazione abbastanza allarmante.
La percentuale di quanti decidono di non leggere notizie è cresciuta, in particolare, del 3% negli Stati Uniti fino a raggiungere il 41% e dell’11% nel Regno Unito dove ha raggiunto il 35% degli intervistati. In Italia sono il 36%.
Dai dati emerge che le news online per la maggior parte sono ancora gratuite, solo in Norvegia la percentuale a pagamento raggiunge il 34%.
Secondo l’analisi della Reuters, il motivo per cui le persone evitano le notizie è perché non si fidano o non credono che informarsi costituisca un valore importante per la loro vita.
La fiducia nei confronti delle news è in calo, infatti solo il 44% si fida in generale delle notizie date dai media (-2%) e solo il 23% delle persone ritengono affidabili le notizie che circolano sui social network.
La disinformazione mondiale sale al 55% soprattutto a causa della preoccupazione dei lettori di identificare le fake news, che sono difficili da evitare soprattutto online.
Il 62% degli intervistati comunque preferisce le breaking news, per una questione di fiducia nelle notizie istantanee, anche se il 51% si dice più interessato a quei media che spiegano le notizie con approfondimenti, video, immagini e dati.
Tutto ciò sarà abbastanza per preservare la qualità del giornalismo?
L’interessantissima ricerca è rintracciabile integralmente sul sito del Reuters Institute.
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