Uno studio tutto italiano pubblicato sul Journal of Big Data afferma che è possibile “misurare” la censura sui giornali usando strumenti avanzati di analisi mutuati dalla fisica spaziale e applicati alla mole d’informazione stoccata negli archivi. Non solo i paesi totalitari ma anche quelli riconosciuti democratici corrono il rischio di avere una stampa omologata e troppo appiattita sulle forze governative fino a ipotizzare una censura non dichiarata.
La ricerca, condotta da Marco Casolino dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), ha analizzato tramite un algoritmo 42 milioni di articoli dal New York Times, dal Corriere della Sera, La Repubblica e La Stampa prendendo in considerazione due temi spesso censurati all’interno di contesti a democrazia limitata o non democratici: quello delle morti violente e dei suicidi. In particolare, sono state ricercate le notizie di uccisioni e suicidi nei giornali tra la prima guerra mondiale e periodo fascista in Italia. Il risultato è stato che ben il 75% di questo tipo di notizie non sono finite sui giornali nel periodo storico analizzato.
Dall’attenta analisi dei contenuti è emersa inoltre una discriminazione di genere: infatti, il numero di articoli che riguarda soggetti femminili rappresenta un terzo di quello che riguarda soggetti maschili. È stato possibile rintracciare questo tipo di dato grazie alla declinazione italiana del sostantivo “morto/morta”.
Quindi, secondo lo studio e l’autore stesso, applicando questa tecnica, sarà possibile analizzare su scala statistica l’attendibilità di una testata, la presenza di censura e bias selettivi per genere, razza o provenienza geografica. Inoltre la metodologia potrà essere usata anche nell’ambito della ricerca storica.