Il recente accordo tra i due colossi della tecnologia, Apple e OpenAI, che annuncia l’arrivo dell’Apple Intelligence entro la fine dell’anno smuove le acque europee.
Durante il briefing quotidiano con la stampa, la portavoce della Commissione Ue, Lea Zuber, ha spiegato che per ora non ci sono “commenti da fare sulle implicazioni per il Digital Markets Act” (DMA), la Legge Ue sui mercati digitali in vigore da maggio 2023.
“Valuteremo le implicazioni” di questo accordo per una giusta applicazione del DMA, ha continuato Zuber che non esclude delle possibili variazioni normative.
“Il DMA come Regolamento e i suoi processi ovviamente sono abbastanza flessibili e possono essere aggiornati se necessario. Se i servizi cambiano, ciò può riflettersi negli obblighi normativi”, continua Zuber. “Una volta che il servizio sarà effettivamente integrato, allora saremo in grado di fare la nostra valutazione”.
DMA, la garanzia di mercati digitali equi e aperti
Il Digital Markets Act (DMA) introduce una serie di obblighi e divieti per i gatekeeper in Europa, spingendo molte aziende tecnologiche ad adeguarsi alle nuove normative.
Tra gli obblighi previsti, vi è la garanzia di facile annullamento dell’iscrizione ai servizi di base della piattaforma, l’interoperabilità delle funzionalità di base dei servizi di messaggistica istantanea, l’accesso ai dati di marketing o di performance pubblicitaria per gli utenti commerciali e l’obbligo di informare tempestivamente la Commissione europea riguardo a fusioni e acquisizioni.
Inoltre, il DMA vieta la pratica dell’auto-preferenziazione, che consiste nel posizionare i propri prodotti in posizioni privilegiate sugli store digitali, la pre-installazione di applicazioni o software, l’uso dei dati personali raccolti da un servizio per impiegarli in un altro servizio dell’azienda, e consente agli sviluppatori di utilizzare piattaforme di pagamento di terze parti per la vendita delle loro app.
Infine, la Commissione europea è incaricata di monitorare l’attuazione e il rispetto di questi obblighi. In caso di infrazione, l’Ue può imporre sanzioni fino al 10% del fatturato mondiale dell’azienda coinvolta e del 20% in caso di violazioni ripetute.
Articolo di T.S.