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Trapianti di rene da vivente, il Gemelli 1^ centro nel Lazio e Centro-Sud

ROMA (ITALPRESS) – Domenica è la Giornata Nazionale per la Donazione di Organi e Tessuti, un momento importante per fare chiarezza e sensibilizzazione su un argomento ancora avvolto da molti pregiudizi e paure mal riposte. La Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, primo polo del Centro-Sud per il trapianto di rene da vivente, per celebrare la Giornata, ha organizzato un convegno sulla donazione di rene da vivente e, nelle giornate dal 17 al 19 aprile, allestirà un punto informativo, in un’area presso l’ingresso principale. Il desk, aperto dalle 10 alle 16, sarà presidiato da coordinatrici trapianti, medici (chirurghi, nefrologi), psicologi, infermieri della dialisi e del reparto trapianti e pazienti trapiantati, che daranno informazioni su donazioni e trapianti. Sarà inoltre disponibile materiale cartaceo esplicativo e saranno proiettati video illustrativi sulla donazione. Infine, ci sarà la possibilità di esprimere il proprio parere in vita, il consenso alla donazione, che poi verrà registrato nel sistema informativo del Centro Nazionale Trapianti, in collaborazione con l’Associazione Italiana per la Donazione di Organi Tessuti e Cellule (AIDO).
Donare un organo “è una procedura che si pratica da 70 anni – ricorda il professor Giuseppe Grandaliano, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Nefrologia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCSS e Ordinario di Nefrologia all’Università Cattolica, campus di Roma -. Il primo trapianto è stato effettuato con un rene da vivente nel 1954; negli anni ’60 sono arrivati i trapianti di cuore, polmone, fegato. Nel caso della donazione da cadavere, con un singolo atto di donazione, si restituisce la vita ad almeno 9 persone (reni, cuore, polmoni, pancreas, intestino, fegato e cornee). E non bisogna avere paura a donare perchè ‘Italia ha una delle legislazioni tra le più stringenti del mondo, sia per l’accertamento della morte nei donatori. Da questo punto di vista siamo i più garantiti del mondo. Eppure, le opposizioni alle donazioni da cadavere anche al Gemelli sono ancora il 30%, in linea con il dato nazionale; solo il 70% delle famiglie interpellate dona”.
E’ possibile donare in vita un rene o una porzione di fegato e, dal 2012, è consentito in Italia anche il trapianto parziale tra persone viventi di polmone, pancreas e intestino. Grande copertura mediatica ha ricevuto di recente la storia di quel padre che ha donato un polmone al figlio di 5 anni. Ma i trapianti da vivente di più lunga tradizione e le migliori possibilità di riuscita sono quelli di rene.
“Le tre domande che riceviamo sempre in ambulatorio dai potenziali donatori di rene – rivela il professor Jacopo Romagnoli, responsabile della UOS Trapianti di Rene, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e docente di chirurgia generale, Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma – sono: quanto dolore avrò? quanto resterò ricoverato? finirò in dialisi? Il prelievo del rene avviene in laparoscopia, è mininvasivo e questo garantisce la pressochè assenza di dolore (o comunque ben controllato dai farmaci); il ricovero per il donatore non dura dunque più di 3-4 giorni. E di certo non c’è alcun pericolo di finire in dialisi, visto che la selezione dei donatori è molto severa: solo la metà dei ‘candidati donatorì passa l’esame; gli altri vengono scartati. Chi supera questa selezione così ferrea è dunque un campione di salute; donare un rene, non pregiudicherà il suo stato di salute”. “I donatori entrano inoltre in un programma di follow up dedicato e sono seguitissimi nel tempo – aggiunge il professor Grandaliano -. Ci sono evidenze scientifiche molto solide che dimostrano come i rischi per un donatore siano bassissimi e che, a lungo termine, i donatori vivano in media più a lungo della popolazione generale. Abbiamo 320 pazienti in lista attiva per un trapianto di rene quest’anno; tutti sono stati informati anche sull’opzione della donazione da vivente (sono 50 le coppie donatore-ricevente in studio al momento). Il trapianto di rene da vivente ha un importante vantaggio, rispetto a quello da donatore deceduto: quello di evitare la dialisi al paziente. Certo, possiamo mettere in lista trapianto anche un paziente non ancora in dialisi, ma l’attuale algoritmo di allocazione, il criterio con il quale vengono assegnati i reni da donatore deceduto, sfavorisce le persone non in dialisi perchè a pesare molto, al di là della compatibilità, è l’anzianità dialitica. La donazione di un rene da vivente evita invece al malato di andare in dialisi, offrendogli un trapianto della migliore qualità, che garantisce i risultati migliori. Insomma, il trapianto di rene da donatore vivente prima della dialisi, dovrebbe diventare la regola”.
Può donare “chiunque, non solo i consanguinei all’interno di una famiglia – ricorda Romagnoli -. Abbiamo fatto trapianti tra amiche del cuore, tra amici d’infanzia con un forte legame emotivo. Non è vero che si possa fare solo tra consanguinei. E se la coppia aspirante donatore-ricevente non è compatibile, si può accedere al programma trapianti ‘cross over’, gestito dal Centro Nazionale Trapianti che prevede, uno scambio di donazione con un’altra coppia donatore-ricevente, con problema di compatibilità complementare”.
“Oggi la donazione di un rene per una persona sana – afferma Massimo Cardillo, direttore del Centro Nazionale Trapianti (CNT) – è un’operazione sicura. I donatori faranno una vita normale, senza alcun tipo di limitazione. Quando il paziente con insufficienza renale irreversibile si presenta al Centro Nefrologico deve essere informato di questa possibilità, valutando all’interno della famiglia se c’è la disponibilità di un donatore compatibile. Questo passaggio purtroppo non viene sempre fatto in Italia; ecco perchè la donazione di rene da vivente stenta a decollare, con numeri stabili da 5-6 anni. Il CNT ha promosso un piano di sviluppo del trapianto di rene da vivente che è diventato accordo di Conferenza Stato-Regioni nel 2018, ma che è ancora disatteso in molte Regioni perchè spesso i Centri Nefrologici non sono dotati di tutte le professionalità e competenze che servono per sviluppare questo programma. Il percorso di valutazione dell’idoneità della coppia donatore-ricevente è molto complesso: servono indagini approfondite e una figura dedicata, quella del transplant manager, che segua il percorso di valutazione della coppia, per portare il paziente al trapianto in tempi rapidi. E soprattutto serve l’integrazione di varie professionalità all’interno di un team multidisciplinare, di cui facciano parte non solo medici, ma soprattutto psicologi e infermieri specializzati come i transplant coordinator’.
In Italia si eseguono circa 2 mila trapianti di rene ogni anno; di questi, poco più di 300 da donatore vivente. Una quota ancora marginale rispetto a quello che accade in Francia, in Spagna, nel Regno Unito. “In Italia il fabbisogno di trapianto di rene è molto elevato – ricorda Cardillo – abbiamo in lista per un trapianto di rene circa 6.000 pazienti e spesso il tempo d’attesa supera i tre anni. Il Gemelli nel trapianto di rene, sia da vivente che da donatore deceduto – conclude Cardillo – rappresenta un polo di eccellenza e sta curando molto questo programma, come dimostrano anche i numerì.
“La cultura della donazione in Italia è molto cresciuta negli ultimi anni – afferma il professore Luciano Potena, Presidente della European Society for Organ Transplantation (ESOT) – ma c’è ancora molto da lavorare. Come numerosità dei trapianti e delle donazioni siamo nella media europea, che va dai picchi di donazione della Spagna, Francia del nord Europa, a realtà molto più limitate. L’Italia fa molto bene invece sui risultati: la sopravvivenza del trapianto e del trapiantato è tra le migliori d’Europa. La Spagna è campione europeo di donazioni perchè ha costruito una cultura della donazione che è entrata in profondità sia nella popolazione, che nella classe medica. Basti pensare che uno dei film spagnoli di maggior successo, ‘Tutto su mia madrè di Pedro Almodovar (1999), ha una trama imperniata su una storia di trapianto”.
“Donare un organo in vita – prosegue Potena – è un atto di grande responsabilità e altruismo. Ma forse anche un pò ‘egoistà. Di recente, una donna che si definiva ‘aspirante donatrice di un rene per suo maritò faceva appunto questa considerazione. “Grazie al mio rene donato, vivrò meglio con un marito trapiantato che sta bene, senza doverlo accompagnarlo tre volte a settimana a fare dialisi; senza trapianto inoltre, avrebbe una ridotta aspettativa di vita. Donandogli un rene insomma faccio del bene non solo a lui, ma a tutta la nostra famiglia”.
L’Italia, sottolinea una nota, nel contesto Europeo si colloca al terzo posto per le donazioni dopo Spagna e Francia; la Toscana è la Regione con il più alto tasso di donazioni. Lo scorso anno le donazioni di organi solidi hanno superato il numero di 1.800 e questo ha portato ad un aumento del numero dei trapianti (3.887, +2,5%) e fatto segnare un record per i trapianti di fegato (1,474, + 5,6%) e di polmone (138, +17,9%). Nel 2022 è stato inoltre registrato il miglior risultato di sempre in Italia per la donazione di midollo osseo e staminali ematopoietiche (329 donazioni e 961 trapianti). Fin qui le buone notizie. Purtroppo, i ‘nò, cioè le opposizioni alla donazione sono ancora troppi, intorno al 30%. Per questo è necessario far luce su questo argomento, sgombrando il campo da dubbi e paure. Nel Lazio ci sono 21 donatori per milione di abitanti, poco sotto la media nazionale (24 per milione). Per quanto riguarda i trapianti di rene da vivente, Padova e Bologna sono i primi centri in Italia; il Gemelli è il terzo in Italia e il primo del Lazio e del Centro-Sud, conclude la nota.
foto ufficio stampa Policlinico Gemelli, da destra Salvatore Agnes, Massimo Cardillo, Giuseppe Grandaliano, Jacopo Romagnoli, Mariano Feccia
(ITALPRESS).
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