In una nota del Viminale si legge che in un anno c’è stato un taglio di 49 “Misure Ucis”, quindi 203 agenti di polizia che verranno assegnati ad altri incarichi per un calo del 9% di uomini delle forze dell’ordine assegnati a questo servizio.
Già nei primi giorni di luglio, il ministro dell’Interno Matteo Salvini, aveva rilanciato con un tweet la questione della revisione dei criteri per l‘assegnazione delle scorte: “la prossima settimana firmerò personalmente la nuova direttiva sulle scorte che andrà a mettere un po’ di ordine e a recuperare un po’ di carabinieri e poliziotti che invece di fare da tassisti torneranno a da fare un po’ di ordine pubblico in strada” con l’obiettivo di togliere la protezione dello Stato a “chi non ne ha bisogno”.
La nuova direttiva firmata da Salvini la scorsa settimana, spiega il Viminale, mira a “razionalizzare le misure di protezione esistenti” e a “fornire criteri più stringenti per un’analisi rigorosa delle situazioni che richiedono le tutele personali”. L’obiettivo è quello di “rendere più efficiente il servizio sia per personale impiegato che per risorse utilizzate”. Salvini chiarisce: “siamo impegnati per garantire la massima tutela per chi è davvero a rischio ma siamo determinati a recuperare centinaia di donne e uomini delle forze dell’ordine per assicurare la sicurezza a tutti gli altri cittadini”.
L’Ucis è stato istituito dal Ministero dell’Interno, come spiegato sul sito istituzionale: “la legge rimette al ministro dell’Interno, Autorità nazionale di pubblica sicurezza, la competenza a adottare i provvedimenti e impartire le direttive per la tutela e la protezione delle persone esposte a particolari situazioni di rischio di natura terroristica o correlate al crimine organizzato, al traffico di sostanze stupefacenti, di armi o di parti di esse, anche nucleari, di materiale radioattivo e di aggressivi chimici o biologici o correlate a attività di intelligence di soggetti o organizzazioni estere. Per contrastare efficacemente le situazioni di pericolo e di minaccia è stato istituito all’interno del dipartimento della Pubblica sicurezza l’Ufficio centrale interforze per la Sicurezza personale – Ucis, che ha compiti di gestione complessiva dell’apparato di protezione attraverso la raccolta e l’analisi coordinata delle informazioni relative alle situazioni personali di rischio. L’Ucis è, dunque, l’ufficio attraverso cui il dipartimento della Pubblica sicurezza, nello specifico settore della protezione dei soggetti a rischio, coadiuva il ministro dell’Interno nella sua funzione di Autorità nazionale di pubblica sicurezza”.
L’avvio della procedura per richiedere provvedimenti per la tutela delle persone esposte a particolari situazioni di rischio spetta al prefetto che fa partire la segnalazione data la necessità di assegnare la scorta ad un soggetto. Segnalazione indirizzata allo Ucis sulla base di riscontri oggettivi derivanti da analisi e indagini: per ottenere la scorta deve esserci un rischio concreto per l’incolumità personale del soggetto in questione.
Le scorte che vengono assegnate dai loro funzionari non sono tutte uguali, ci sono 4 differenti livelli a cui corrispondono gradi diversi di gravità e numeri variabili di mezzi e uomini messi a disposizione.
In Italia sono solo 15 le persone che hanno bisogno di una protezione di I livello, 53 di II livello, 267 di III livello, 234 di IV livello, secondo i dati del Viminale.
Al 1° giugno 2019 sono 569 le misure per le tutele personali, il 7,9% in meno rispetto alle 618 del 1° giugno 2018.
2.218 donne e uomini delle forze di polizia erano impegnati al 1° giugno dell’anno scorso, si registra un calo del 9,1% al 1° giugno di quest’anno, con 2.015 agenti utilizzati.
Il Viminale taglia le scorte a politici ed esponenti di Governo, mentre rimane identico il numero per magistrati e religiosi.
Il numero dei giornalisti sotto scorta, invece, è aumentato da 18 (giugno 2018) a 22 (giugno 2019). In generale, i dati del Viminale relativi al periodo di un anno -1° giugno 2018-1° giugno 2019-, registrano una diminuzione del numero delle scorte.
Il Lazio è la regione con più tutele, che ad oggi sono 173 contro le 2019 del giugno 2018. Al secondo posto c’è la Sicilia con 124 soggetti sotto scorta, terzo posto va alla Campania e poi Calabria e Lombardia.
Il problema dei giornalisti è reale e di immensa portata. Il lavoro giornalistico subisce pesanti limitazioni, la libertà di informazione è compromessa e gli stessi giornalisti vivono delle privazioni che oltre che lavorative arrivano ad essere personali e private. Non si tratta di un “privilegio”, come molti affermano, ma di un condizionamento forzato che impedisce il lavoro giornalistico di qualità, anche perché, per la legge italiana, per ottenere la scorta devono esistere reali motivi di pericolo per l’incolumità del soggetto.