Stipendi: da luglio, addio ai contanti

La Legge di Bilancio 2018 (L. n. 205/2017) ha previsto che dal prossimo 1° luglio 2018 non sarà più possibile pagare in contanti stipendi a dipendenti e compensi a collaboratori, qualunque sia la tipologia del rapporto di lavoro instaurato.
Sanzioni da 1.000 euro a 5.000 euro.

L’articolo 1, comma 910 della Legge n. 205/2017 (legge di bilancio per il 2018) ha stabilito che a far data dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro o committenti debbano corrispondere ai lavoratori la retribuzione, nonché ogni anticipo di essa, attraverso gli strumenti di pagamento individuati dalla stessa norma, non essendo più consentito, da tale data, effettuare pagamenti in contanti della retribuzione e di suoi acconti, pena l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 5.000 euro.

Ai sensi del successivo comma 912, tale obbligo ai applica ai rapporti di lavoro subordinato di cui all’art. 2094 c.c., indipendentemente dalla durata e dalle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa ed infine ai contratti di lavoro stipulati in qualsiasi forma dalle cooperative con i propri soci.

Busta-paga

Restano espressamente esclusi dal predetto obbligo i rapporti di lavoro instaurati con le pubbliche amministrazioni di cui al comma 2 dell’art. 1 del D.Lgs. n. 165/2001, nonché i rapporti di lavoro domestico.
Devono altresì ritenersi esclusi, in quanto non richiamati espressamente dal comma 912, i compensi derivanti da borse di studio, tirocini, rapporti autonomi di natura occasionale.

LE MODALITÀ DI PAGAMENTO
Le modalità elencate attraverso le quali effettuare la corresponsione della retribuzione sono costituite dai seguenti strumenti:
bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore;
– strumenti di pagamento elettronico;
– pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;
– emissione di assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato.
(Attenzione: In caso di impedimento del lavoratore, è pur vero che l’assegno potrà essere consegnato ad un delegato del lavoratore stesso ma l’impedimento s’intenderà comprovato solo quando i delegati a ricevere il pagamento saranno:
• il coniuge;
• il convivente;
• un familiare, in linea retta o collaterale, del lavoratore, purché di età non inferiore a sedici anni).

Altra importante novità è che la norma, in linea con quello che è il più recente orientamento giurisprudenziale di legittimità in materia – il quale prevede che la sottoscrizione per quietanza o per ricevuta, apposta dal lavoratore sulla busta paga, non sia da ritenersi prova dell’effettivo pagamento della somma ivi indicata – ha stabilito che la firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituirà prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione.

I CHIARIMENTI DELL’ISPETTORATO
Con l’avvicinarsi della scadenza è intervenuto l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con nota prot. n. 4538 del 22 maggio 2018, fornendo chiarimenti, a seguito di richiesta di parere della Guardia di Finanza.

Dato il tenore letterale e la ratio della norma, l’Ispettorato ha specificato che la violazione al dettato legislativo sarà integrata:
a) quando la corresponsione delle somme avvenga con modalità diverse da quelle indicate dal legislatore;
b) nel caso in cui, nonostante l’utilizzo dei suddetti sistemi di pagamento, il versamento delle somme dovute non sia realmente effettuato (ad esempio, nel caso in cui il bonifico bancario in favore del lavoratore venga successivamente revocato ovvero l’assegno emesso venga annullato prima dell’incasso, circostanze che evidenziano uno scopo elusivo del datore di lavoro che mina la stessa ratio della disposizione).

Quindi per contestare la violazione della norma gli organi competenti, dovranno verificare:
• che il datore di lavoro abbia disposto il pagamento utilizzando gli strumenti previsti ex lege;
• che il pagamento sia andato a buon fine.

LE SANZIONI
La norma prevede che, ai datori di lavoro ed ai committenti che violeranno l’obbligo in questione, si applicherà la sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da 1.000 euro a 5.000 euro. Inoltre, con riferimento alla contestazione dell’illecito al trasgressore, troveranno applicazione le disposizioni di cui alla Legge n. 689/1981 e al D.Lgs. n. 124/2004 ad eccezione del potere di diffida di cui al comma 2 dell’art. 13 del citato decreto, trattandosi di illecito non materialmente sanabile.

In caso di mancato versamento delle somme l’autorità competente a ricevere il rapporto, ai sensi dell’art. 17 della L. n. 689/1981, sarà nell’Ispettorato Territoriale del Lavoro.
Ricorda, infine, la nota dell’Ispettorato, che avverso il verbale di contestazione e notificazione adottato dagli organi di vigilanza di cui all’art. 13, comma 7, del D.Lgs. n. 124/2004, è possibile presentare ricorso amministrativo al direttore della sede territoriale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro ai sensi dell’art. 16 del D.Lgs. n. 124/2004 entro trenta giorni dalla sua notifica. Inoltre, entro il medesimo termine è possibile presentare scritti difensivi all’Autorità che riceve il rapporto ai sensi dell’art. 18 della L. n. 689/1981.