Il nuovo studio del Reuters Institute (il secondo del 2020), ovvero il Digital News Report 2020, mostra lo stato del giornalismo digitale nel mondo, ma prima del lockdown. Infatti, la ricerca (condotta ogni anno dall’istituto), per l’anno in corso è stata realizzata a gennaio-febbraio, quindi prima dell’arrivo Covid-19 e prima della crisi economica causata dall’emergenza sanitaria.
Il nuovo studio, in ogni caso, afferma che le persone che pagano per informarsi su Internet crescono ancora. Purtroppo però, gli abbonamenti, e quindi la predisposizione a pagare per l’informazione, vengono sottoscritti per lo più con i pochi grandi marchi, lasciando fuori dal mercato i piccoli e i locali. Ciò non dipende direttamente dal livello qualitativo dell’informazione prodotta, quanto più che altro dal grado di affidabilità che i grandi editori ovviamente hanno. Infatti, dallo studio emerge che, nel mondo, il 38% degli intervistati ha fiducia nella maggior parte delle news che legge per la maggior parte del tempo, un dato in calo di 4 punti sul 2019. In Italia questa percentuale è del 29%, -11 punti rispetto all’anno precedente, anche se per le notizie scelte personalmente il dato sale al 38%. In ogni caso, nel nostro paese il 10% degli intervistati ha dichiarato di pagare per le news online, un punto percentuale in più rispetto a un anno prima.
Nel Nord Europa (Norvegia in primis, dove si arriva al 42%), le persone sono molto più propense a pagare per informarsi, mentre negli USA il dato si aggira intorno al 20% (4 punti percentuali in più rispetto al 2019.
In Italia, sul podio per livello di fiducia, c’è l’Ansa (80%), seguita da SkyTg24 (74%) e in generale la fiducia nei media tradizionali è più del doppio rispetto a quella riservata ai social, alle piattaforme video e ai servizi di messaggistica. In testa, invece, per numero di persone raggiunte settimanalmente (reach) ci sono le news Rai per l’offline e TgCom24 per l’online.
Nel report è analizzato anche il modo di accesso alle news: il 28% degli intervistati accede direttamente dai siti web degli editori o dall’app, il 72% in altro modo, in particolare il 26% dai social e il 25% dal search, con i primi che arrivano al 38% per i giovanissimi della generazione z.
Ovviamente la strada migliore per fidelizzare i lettori è cercare di creare il più possibile delle connessioni dirette, utilizzando ad esempio newsletter, i podcast o gli stessi alert mobile che indirizzano il lettore a tornare sulla pagina dell’editore. Sicuramente, come emerge anche dallo studio, è fondamentale per gli utenti leggere contenuti più personalizzati, se gli abbonamenti fossero meno cari e se si potesse leggere i contenuti senza la pubblicità che infastidisce molti degli intervistati.
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