Presentato lo studio “Big data – Interim report” nell’ambito dell’indagine conoscitiva di cui alla delibera n. 217/17/CONS congiunta sui Big Data.
Lavoro congiunto tra l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e il Garante per la Protezione dei Dati Personali.
A poco più di un anno dall’avvio dell’indagine conoscitiva congiunta sui Big Data, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) e il Garante per la Protezione dei Dati Personali (Garante Privacy) colgono l’occasione del secondo appuntamento del ciclo dedicato ai “20 anni di Agcom” per fornire un’informativa preliminare sulle attività svolte e gli approfondimenti in corso.
«In questa prima fase dell’indagine conoscitiva, da tre prospettive diverse e complementari – si legge in un Comunicato dell’AGCOM dell’8 giugno scorso – sono stati approfonditi, anche attraverso audizioni e richieste di informazioni a imprese, associazioni di categoria ed esperti della materia, i cambiamenti derivanti dai Big Data sugli utenti che forniscono i dati, sulle imprese che li utilizzano e, dunque, sui mercati. Ciò anche al fine di cogliere appieno le possibili sinergie tra le tre Autorità e identificare gli strumenti più appropriati per eventuali interventi».
Nel corso del seminario “Big data: conessioni e pluralismo” organizzato dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, è stato affrontato il tema dei big data nelle piattaforme online, con un’analisi empirica sul prezzo implicito dei dati ‘scambiati’ nell’ecosistema digitale e sull’evoluzione del pluralismo nell’epoca del dato profilato.
L’Interim Report dell’Autorità, presentato l’8 giugno, è diviso in tre parti.
Una prima parte introduttiva volta a sistematizzare la descrizione del fenomeno, anche sotto il profilo definitorio, passando in rassegna le principali caratteristiche dell’ecosistema dei big data, la catena del valore e specifici elementi dei mercati afferenti il digitale e l’informazione.
La seconda parte pone al centro dell’analisi l’individuo come produttore di dati tramite la scia digitale (online footprint). Vengono affrontati numerosi problemi derivanti dall’uso massiccio di tecniche di profilazione degli utenti, evidenziando come tali tecniche presentino rischi sociali notevoli: ad esempio, le tipologie di discriminazione, spesso su base del funzionamento di specifici algoritmi, rischiano di estendersi (oltre alla classica discriminazione di prezzo) a differenze nella popolazione fondate su etnia, religione, stato di salute, opinione politica, capacità reddituale e così via.
Tramite un’approfondita analisi econometrica (svolta in collaborazione con Università “La Sapienza” di Roma, Dipartimento di Ingegneria Informatica Automatica e Gestionale che ha elaborato il Dataset), su oltre un milione di APP pari all’80% di quelle presenti sul ‘negozio virtuale’ Google Play si mostra da un lato come la domanda di download di APP da parte degli utenti sia negativamente correlata, in modo statisticamente significativo, con il numero di permessi richiesti (in relazione all’accesso ai dati sensibili degli utenti); dall’altro come il prezzo delle APP fissato sul mercato sia negativamente correlato, in modo statisticamente significativo, al numero di permessi richiesti. Ovvero, l’effetto dei permessi sull’uso di dati sensibili, quando significativo, riduce sensibilmente la probabilità che un’APP sia a pagamento.
Questo risultato, sottolinea AGCOM, «mostra con chiarezza, e in modo statisticamente significativo, l’esistenza di uno ‘scambio implicito’ del dato tra utenti da un lato e sviluppatori App e piattaforma dell’altro, circostanza che incide sulle scelte del modello di business e, in particolare, sul dato come bene economico».
La rilevanza delle APP (intese sia come servizio-prodotto sia come piattaforma se si considerano le prime dieci APP più scaricate) nell’ecosistema digitale consente di attribuire a questo risultato una rilevanza generale della transazione digitale tipo ‘dati-informazione’. La ormai vasta letteratura empirica comportamentale ha inoltre dimostrato come il comportamento umano, specie in condizioni di incertezza, non sia affatto razionale. Scelte, come quelle relative alla cessione dei propri dati, inoltre, vengono effettuate assai frequentemente di impulso e senza una valutazione delle reali conseguenze dello scambio implicito.
La terza e ultima parte dell’Interim Report di Agcom si sofferma sul ruolo delle piattaforme digitali, in particolare i social network, che sempre di più risultano svolgere un ruolo centrale nel settore dell’informazione. Per loro natura le piattaforme digitali rappresentano uno strumento prioritario nella raccolta, nella conservazione e nell’utilizzo dei dati; una parte rilevante dei big data, infatti, è rappresentata dai dati che le piattaforme raccolgono dalle attività profilate che i singoli utenti svolgono in rete, compresi quelli relativi alle preferenze ideologiche e politiche e ai contenuti informativi letti, visualizzati, graditi, commentati e condivisi.
I sistemi di personalizzazione automatica (che operano sulla base di algoritmi e dei big data acquisiti), da un lato, e le azioni di condivisione di contenuti informativi compiute dagli utenti, dall’altro, facilitano – in assenza di attivismo critico dell’utenza – la proliferazione di notizie false e la propagazione virale di contenuti polarizzanti, fenomeni particolarmente rilevanti per informazioni relative alle scelte politiche, alimentari, sanitarie.
«AGCOM – conclude il Comunicato – sta approfondendo l’analisi dei Big Data nel contesto del pluralismo 2.0, con l’obiettivo di completare questa ultima parte del Rapporto entro la fine dell’anno, avanzando precisi suggerimenti per le politiche pubbliche e l’evoluzione regolatoria delle garanzie nelle comunicazioni».
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