ROMA (ITALPRESS) – “Mi aspetto solo che il tema della giustizia venga affrontato nell’interesse di tutti”. E’ l’auspicio di Luca Palamara che, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’Agenzia Italpress, ha affrontato assieme ad Alessandro Sallusti l’argomento.
Dopo “Il sistema”, Palamara e Sallusti sono tornati in libreria con “Lobby & logge”, edito da Rizzoli. “E’ un titolo – ha spiegato l’ex magistrato – che vuole in qualche modo raccontare quel mondo che non si vede, al fine di comprendere se esiste veramente, non esiste o esiste a metà”.
“La magistratura – ha spiegato – non è un mondo che vive separato su un altro pianeta. Chi fa il magistrato è un cittadino dello Stato italiano, che vede e ascolta come funziona. All’interno della magistratura esistono le correnti che riflettono le divisioni esistenti nel mondo politico”. Per Palamara nella magistratura “esiste dagli anni ’60 una componente più ideologizzata rispetto alla quale è difficile trovare il punto di confine. C’è una componente che ha delle idee e dagli anni ’60 le porta all’interno della magistratura. Da una parte c’è chi dice che questo non incide sull’imparzialità dell’esercizio della giurisdizione, altri invece dubitano di questo. Il problema c’è”.
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel discorso d’insediamento dopo la rielezione ha toccato il tema della giustizia. “Quando parla il presidente della Repubblica – ha detto Palamara – bisogna per definizione prestare ossequio e rispetto a quelle parole. Sono un monito molto importante nei confronti della magistratura ma anche nei confronti del mondo della politica per fare quelle riforme che negli anni sono sempre mancate”.
Sul tema dei magistrati in politica, Palamara ha risposto ad Alessandro Sallusti che ha ricordato la proposta di chi vorrebbe impedire il ritorno in magistratura per chi viene eletto ma non per chi viene nominato. “Si diventa capo di gabinetto – ha detto Palamara – perchè chiaramente si instaura un rapporto fiduciario tra una determinata parte politica e una determinata parte della magistratura, che a sua volta ritiene che un nome possa essere più spendibile di un altro. Si crea una sorta di collegamento fondamentale tra il mondo della politica e quello della magistratura. Se chi fa le leggi, penso al capo dell’ufficio legislativo – ha aggiunto -, viene cooptato dal ministro di turno, è chiaro che c’è un collegamento forte. Se si pone il problema del ritorno, come si fa a non porre il problema in questo caso?”.
(ITALPRESS).
Dopo “Il sistema”, Palamara e Sallusti sono tornati in libreria con “Lobby & logge”, edito da Rizzoli. “E’ un titolo – ha spiegato l’ex magistrato – che vuole in qualche modo raccontare quel mondo che non si vede, al fine di comprendere se esiste veramente, non esiste o esiste a metà”.
“La magistratura – ha spiegato – non è un mondo che vive separato su un altro pianeta. Chi fa il magistrato è un cittadino dello Stato italiano, che vede e ascolta come funziona. All’interno della magistratura esistono le correnti che riflettono le divisioni esistenti nel mondo politico”. Per Palamara nella magistratura “esiste dagli anni ’60 una componente più ideologizzata rispetto alla quale è difficile trovare il punto di confine. C’è una componente che ha delle idee e dagli anni ’60 le porta all’interno della magistratura. Da una parte c’è chi dice che questo non incide sull’imparzialità dell’esercizio della giurisdizione, altri invece dubitano di questo. Il problema c’è”.
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel discorso d’insediamento dopo la rielezione ha toccato il tema della giustizia. “Quando parla il presidente della Repubblica – ha detto Palamara – bisogna per definizione prestare ossequio e rispetto a quelle parole. Sono un monito molto importante nei confronti della magistratura ma anche nei confronti del mondo della politica per fare quelle riforme che negli anni sono sempre mancate”.
Sul tema dei magistrati in politica, Palamara ha risposto ad Alessandro Sallusti che ha ricordato la proposta di chi vorrebbe impedire il ritorno in magistratura per chi viene eletto ma non per chi viene nominato. “Si diventa capo di gabinetto – ha detto Palamara – perchè chiaramente si instaura un rapporto fiduciario tra una determinata parte politica e una determinata parte della magistratura, che a sua volta ritiene che un nome possa essere più spendibile di un altro. Si crea una sorta di collegamento fondamentale tra il mondo della politica e quello della magistratura. Se chi fa le leggi, penso al capo dell’ufficio legislativo – ha aggiunto -, viene cooptato dal ministro di turno, è chiaro che c’è un collegamento forte. Se si pone il problema del ritorno, come si fa a non porre il problema in questo caso?”.
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