OpenAI sta per far uscire un nuovo motore di ricerca che potrebbe minacciare il monopolio di Google.
Il suo dominio, a quanto risulta dalle indiscrezioni, sarebbe https://search.chatgpt.com e sarà basato su ChatGPT. Sam Altman, alla guida dell’azienda statunitense, ha infatti dichiarato ad aprile di voler provare a combinare i Large Language Models (LLM) con i motori di ricerca. In questo modo, pensa di poter rendere le query su Internet molto più semplici ed efficaci per gli utenti.
Com’è noto, l’elaborazione del linguaggio naturale (NLP) è un’area fondamentale per lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale. E i Modelli Linguistici di grandi dimensioni o LLM risultano utilissimi a tale scopo. Si tratta di algoritmi Deep learning in grado di riconoscere contenuti e di generarli, ma anche di riassumerli e tradurli. Basandosi su enormi set di dati (big data), gli LLM arrivano addirittura a ricavarne e prevederne altri. E riescono a farlo perché sono capaci di imparare dalle proprie attività.
Attualmente, i dati con i quali vengono addestrati sono tratti da tutto ciò che si trova in rete. Questi algoritmi crescono grazie a un apprendimento non supervisionato, ovvero privo di istruzioni esplicite su come gestire le informazioni. Essi possono essere anche istruiti mediante tecniche di fine tuning, che fanno sì che si concentrino su ambiti settoriali. Il risultato ottenuto, dunque, assimila le capacità di un modello linguistico a quelle di un essere umano. Gli LLM, infatti, arrivano a costruire frasi corrette dal punto di vista sia della grammatica sia della sintassi.
Google domina il mercato da quasi tre decenni. Stando alla multinazionale Bloomberg, però, Apple sta trattando con OpenAI per integrare ChatGPT sui melafonini. Dal 2007, infatti, Apple distribuisce cellulari capaci di connettersi, registrare e riprodurre brani musicali, o vedere film con una buona risoluzione. A finanziare OpenAI è Microsoft, che ha cominciato a integrare l’AI nel proprio motore di ricerca Bing, aggiungendo il chatbot Copilot.
In realtà, un sistema integrato di motore di ricerca e chatbot già esisteva. Si tratta di Perplexity, AI creata da una startup finanziata da Jeff Bezos, fondatore, proprietario e presidente del gruppo Amazon. Attualmente, circa 10 milioni di utenti al mese adoperano il motore di ricerca conversazionale Perplexity. Per questo motivo anche Google sta iniziando a integrare Gemini, il suo modello di intelligenza artificiale generativa multimodale, nei risultati delle ricerche.
Il 2 maggio scorso sempre Bloomberg ha rivelato informazioni sulla causa antitrust intentata contro Google nel 2020 dal Dipartimento di Giustizia del Governo degli Stati Uniti. Si parla di 20 miliardi di dollari. La cifra avrebbe permesso a Google, solo nel 2022, di rimanere la scelta di ricerca predefinita sugli iPhone. E pare che i pagamenti di Google ad Apple riguardino anche anni precedenti. Il processo, cominciato a settembre, dovrebbe concludersi a breve. La posta in gioco è molto alta. L’accusa per Google è di aver costruito un monopolio illecito nel mercato dei motori di ricerca e in quello pubblicitario.
Google, però, non sarebbe l’unica a comportarsi in maniera scorretta. Anche Microsoft aveva offerto una consistente cifra alla multinazionale fondata da Steve Jobs. Avrebbe voluto che il suo Bing diventasse il motore di ricerca predefinito del browser Safari di Apple. Di certo, la sentenza del processo in corso costituirà un precedente molto significativo per tutto il comparto delle Big Tech.
Articolo di M.P.
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