E’ quanto annunciato dal ministro dell’Economia dopo l’ultimo vertice dell’Ecofin. «Non vogliamo solo la digital tax italiana – ha precisato – ma vogliamo che sia collocata dentro una misura definita sul piano internazionale».
La Web tax sarà attuata in Italia con il nuovo anno. Lo ha anticipato il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, a margine della sua partecipazione al vertice del Consiglio “Economia e finanza” della UE (c.d. Ecofin) tenuto il 10 ottobre scorso a Lussemburgo.
«Come è noto – ha ricordato il ministro – l’Italia ha già la digital tax, e noi la faremo entrare in vigore dal primo gennaio. E’ uno dei componenti della manovra».
«La misura c’era – ha spiegato – ma non operativa. Non vogliamo solo la digital tax italiana, ma vogliamo che sia collocata dentro una misura definita sul piano internazionale».
La web tax era stata prevista dalla manovra 2019: il Mef, il Mise, le Authority delle comunicazioni e della privacy, insieme all’Agenzia per l’Italia digitale avrebbero dovuto varare le regole attuative entro 4 mesi dall’entrata in vigore della legge di bilancio (1° gennaio). In realtà i decreti non erano stati varati in attesa di una decisione a livello Ue. A Bruxelles però i lavori si erano arenati in vista delle elezioni dello scorso maggio.
Cosa prevede la web tax italiana
I commi da 29-bis a 29-quaterdecies della legge 145/2018 hanno fissato il prelievo della Web tax nella misura del 3% sui ricavi derivanti da servizi digitali effettuati da imprese o gruppi di imprese, con volume complessivo di ricavi non inferiore a 750 milioni di euro (di cui almeno 5,5 milioni derivanti da servizi digitali realizzati in Italia), a favore di tutti gli utenti localizzati in Italia.
Tre ambiti di applicazione della nuova tassa: la pubblicità mirata agli utenti online; la fornitura di beni e servizi venduti su piattaforme digitali; e la trasmissione di dati degli utenti e generati dall’utilizzo di un’interfaccia digitale.
Il prelievo colpisce soltanto il B2B: saranno quindi esclusi servizi come Netflix e Spotify. Tra le aziende target potranno esserci Google, Facebook e Amazon sui business relativi alla pubblicità come pure i servizi offerti da Alibaba ed eBay. Si teme che il prelievo possa però ripercuotersi pure sulle medie-grandi imprese italiane che vendono, anche oltre confine, prodotti made in Italy.
E’ previsto che l’imposta debba essere versata entro il mese successivo a ciascun trimestre e alla presentazione della dichiarazione annuale dell’ammontare dei servizi tassabili prestati entro 4 mesi dalla chiusura del periodo d’imposta.
La proposta OCSE
L’ Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico presenterà una proposta al prossimo G20 dei ministri delle Finanze, in programma il 17 e il 18 ottobre a Washington. Una riforma che dovrebbe mettere d’accordo America, Cina ed Europa.
Come ha sottolineato il Segretario generale, Angel Gurria, occorre «assicurare che i grandi e assai redditizi gruppi multinazionali, incluse le società digitali, paghino le tasse dovunque abbiano significativi legami diretti con i consumatori e generino i loro profitti».
La prima reazione di segno positivo è arrivata da Amazon. Le proposte Ocse «rappresentano un importante passo avanti», ha scritto in una nota l’azienda leader delle vendite on-line, determinata a «raggiungere una soluzione basata sul consenso. Anche per limitare il rischio di doppia tassazione e misure unilaterali distorsive e creare un ambiente che favorisca la crescita del commercio globale, che è vitale per i milioni di clienti e venditori che Amazon supporta nel mondo»
Per tornare alle parole del ministro italiano: «Noi faremo comunque la nostra, ma siamo parte attiva del negoziato che proseguiremo a Washington al G20», ha concluso Gualtieri.
(Foto in alto: Roberto Gualtieri, da wikipedia.com. Autore Arno Mikkor – Flickr, licenza CC BY 2.0)
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