La Asociación de Medios de Información, AMI, la società spagnola che raggruppa più di 80 media del Paese, ha intentato una causa da oltre 550 milioni contro Meta per concorrenza sleale.
La concorrenza sleale
L’AMI sostiene che la casa madre di Facebook e Instagram ha violato le norme sulla privacy e protezione dati a partire dal 2018.
Usando una grande quantità di dati personali ottenuti senza consenso esplicito, Meta avrebbe avuto un vantaggio sleale nella creazione di annunci personalizzati.
Se l’AMI riuscisse a dimostrare la validità delle sue accuse sulla violazione da parte di Meta delle norme privacy del GDPR, si potrebbero aprire altre cause da parte di altri Paesi Ue.
I casi di trattamenti illegali di dati
Lo scorso 27 novembre, il Parlamento europeo ha approvato il nuovo Regolamento Ue sull’equo accesso dei dati e il loro utilizzo. Il cosiddetto Data Act, già proposto a febbraio 2022, si propone di agevolare il trasferimento dati e permettere un maggiore controllo dei propri dati grazie al diritto di portabilità.
La liberalizzazione del trasferimento dei dati sarà quindi un deterrente per fughe, trasferimenti o sfruttamenti illegali di dati personali.
Inoltre, lo scorso mese, l’EDPB, European Data Protection Board, aveva già imposto a Meta di stabilire un nuovo protocollo per garantire una maggiore privacy. L’EDPB obbligava infatti la Big Tech a non usare più i dati personali degli utenti per annunci pubblicitari mirati.
Meta, per venire incontro a l’Ue, ha deciso di offrire servizi a pagamento senza il monitoraggio dati, ma, per ora, la questione rimane in ballo per gli utenti senza abbonamento.
Articolo di T.S.