ROMA (ITALPRESS) – “L’emergenza coronavirus ci ha fatto riscoprire il valore di una delle migliori eccellenze italiane: l’industria alimentare. Con prodotti di alta qualita’, sicuri e sempre disponibili. Caratteristiche che si sono rivelate fondamentali: abbiamo avuto fin dal principio la responsabilita’ di garantire a tutti l’accesso al cibo e finora tutto e’ andato nel migliore dei modi”. Cosi’, in un’intervista al Corriere della Sera, Marco Lavazza presidente di Unione Italiana Food, spiegando che “le scorte di magazzino hanno permesso alle aziende di riorganizzarsi e riprendere la produzione e hanno aiutato a far fronte alla richiesta triplicata da parte soprattutto della grande distribuzione. Tante aziende hanno modulato il lavoro nelle fabbriche su tre turni per sette giorni a settimana, questo si e’ tradotto in nuovi costi che, in aggiunta al rallentamento dei ritmi, ha determinato una produzione che ha assorbito la marginalita’, in alcuni casi in perdita. In ogni caso il sistema ha trovato il suo equilibrio e riusciamo a garantire l’approvvigionamento di tutti i nostri prodotti”.
Quanto alla chiusura di bar e ristoranti, Lavazza osserva che “e’ una nota dolente. C’e’ una sensazione diffusa secondo cui il reparto alimentare non sia stato colpito dalla crisi e che anzi ci abbia guadagnato. Non e’ cosi’: sei imprese su dieci denunciano un calo di produzione e fatturato. E nonostante la crescita dei consumi alimentari domestici a marzo, anche aziende che hanno visto crescere fatturato e produzione hanno pero’ dovuto sopportare un aumento dei costi delle materie prime o della logistica che incidera’ negativamente sui bilanci. Dall’altra parte troviamo tutte quelle aziende che lavorano soprattutto sul canale del ‘fuori casa’ che hanno visto un calo netto delle vendite, che non potra’ essere recuperato nei prossimi mesi. E questa difficolta’ potrebbe riproporsi anche nella fase 2, perche’ molte aziende che anche hanno la possibilita’ di produrre si troverebbero comunque private del loro sbocco naturale, ovvero tutto il comparto ‘fuori casa’. Questa parte della filiera ha bisogno di un grande supporto”.
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