L’INPGI spiega come cambia il sistema previdenziale dei giornalisti

A Cagliari un corso di formazione organizzato da Assostampa e For Media sulla riforma dell’istituto e sulla nuova previdenza dei giornalisti.

Super pensionati che prendono in media 65mila euro di pensione all’anno da un lato, e un numero sempre maggiore di precari più o meno giovani che faticano ad entrare nel mondo del lavoro dall’altro. Questa è la grande contraddizione del sistema pensionistico italiano che riguarda anche il mondo del giornalismo.
Se ne è parlato nei giorni scorsi a Cagliari – nella sala intitolata a Giorgio Pisano (il capocronista scomparso nel 2016) presso l’Unione Sarda – durante un seminario di formazione continua per il giornalisti sulla riforma INPGI e sul nuovo sistema previdenziale, organizzato dall’Associazione Stampa Sarda e da ForMedia (Istituto per la formazione al giornalismo e alla comunicazione multimediale).

All’incontro hanno partecipato: Marina Macelloni e Mimma Iorio, rispettivamente Presidente e il Direttore generale dell’INPGI; il Presidente del Fondo Giornalisti, Enrico Castelli, e il direttore generale della FNSI, Giancarlo Tartaglia.
Macelloni e Iorio, hanno illustrato la riforma, con una serie di slide. «Un processo veloce – ha sottolineato la Presidente dell’INPGI – che si è concluso nel febbraio del 2017, con il via libera dei ministri vigilanti, Economia e Lavoro», al centro di polemiche che continuano. «Da un anno siamo nell’occhio del ciclone – ha ribadito – per una serie di fake news, ma è più appropriato definirle menzogne».

Il quadro emerso durante il seminario è stato molto critico, e testimoniato dall’aumento del numero dei pensionati rispetto agli attivi:
– dai 17.844 articoli 1 del 2012, ai 15.744 del 2016, ridotti a 15.156 nel 2017.
Tutto ciò ha comportato un sensibile riduzione dei contributi previdenziali versati all’INPGI: dai 368 milioni del 2012 si è passati ai 348 del 2016.

La tendenza al calo dei rapporti che pagano regolarmente i contributi è stata accentuata dalla legge 416/1981 e s.m.i. che prevede l’assunzione di una sola persona su tre prepensionamenti senza consentire un auspicato ricambio generazionale e l’ingresso di giovani nel mondo del lavoro.
Questa situazione, unita al ricorso massiccio agli ammortizzatori sociali (che nel 2016 sono costati complessivamente 88 milioni ed hanno riguardato circa 7mila dei poco più di 15mila giornalisti attivi), ha avuto un effetto devastante sui bilanci dell’INPGI che nel 2017, per la prima volta, ha concluso con una perdita di circa 100 milioni.

La necessità della riforma
Dal punto di vista previdenziale – hanno spiegato i vertici dell’Inpgi – è stata dunque necessaria una profonda riforma dell’ente di previdenza che ha inciso su due pilastri fondamentali:
– è stata aumentata l’età pensionabile dei giornalisti, portata al livello del sistema generale (66 anni e 7 mesi sia per gli uomini che per le donne);
– è mutato il sistema di calcolo della pensione che dal 1° gennaio 2017 è diventato contributivo e non più retributivo.

Il “senso dell’appartenenza”
Risvegliare la collaborazione e il “senso dell’appartenenza” della intera categoria. Da Marina Macelloni è arrivato un appello all’intero sistema dell’informazione:
«Dobbiamo fare lo sforzo e lavorare tutti insieme e ragionare su come è cambiata questa professione. – ha sostenuto – Fare il giornalista oggi non è come farlo nel ‘63 quando è stata emanata la legge istitutiva dell’Ordine. E’ necessario che questo mondo che sta cambiando venga rappresentato in una maniera differente che ci consenta di accogliere dentro la categoria tutta una fascia di persone che oggi fanno giornalismo informazione e comunicazione».

«Lo sforzo che dobbiamo fare – ha proseguito –   e che ci salverà è quello di provare a dare una rappresentazione anche economica a questo mondo che è cambiato dando una risposta ai tanti giovani che stanno facendo questo lavoro in modo diverso da quello che abbiamo conosciuto noi».
«Se ancora pensiamo  – ha concluso Macelloni – che il giornalista sia solo chi lavora in redazione o legge un tg siamo destinati a scomparire. Non solo come INPGi ma come intera categoria».

(Foto del convegno da www.blogosocial.com)