Resta il digital divide: offline oltre 6 milioni di famiglie, principalmente al sud.
Venerdì 3 luglio, il Presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo ha presentato il “Rapporto annuale 2020. La situazione del Paese”, alla presenza del Presidente della Camera Roberto Fico, del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e delle più alte cariche dello Stato.
A metà 2020 il quadro economico e sociale italiano si presenta eccezionalmente complesso e incerto. Al rallentamento congiunturale del 2019 si è sovrapposto l’impatto della crisi sanitaria e, nel primo trimestre, il Pil ha segnato un crollo congiunturale del 5,3%.
Il segno distintivo del Paese nella fase del lockdown – che viene delineato dal Rapporto – è stato di forte coesione. Questa si è manifestata nell’alta fiducia che i cittadini hanno espresso nei confronti delle istituzioni impegnate nel contenimento dell’epidemia e in un elevato senso civico verso le indicazioni sui comportamenti da adottare.
Nonostante l’obbligo di restare a casa, è emersa l’immagine di una quotidianità ricca ed eterogenea, in cui la famiglia ha rappresentato un rifugio sicuro per molti, ma non per tutti. Le restrizioni non hanno impedito alle persone di dedicarsi alle relazioni sociali, alla lettura, all’attività fisica e ai tanti hobbies, consentendo di cogliere anche le opportunità che la maggiore disponibilità di tempo ha offerto alla gran parte della popolazione.
Internet per lavoro e studio
La connessione a Internet come strumento di lavoro è stata utilizzata dalla quasi totalità degli home workers (95,8 per cento). Il tempo di lavoro è rimasto invariato rispetto a una giornata simile del periodo pre-Covid per il 60,2 per cento del totale di chi ha lavorato. Chiaramente questa attività insieme agli spostamenti ha risentito maggiormente delle restrizioni imposte: infatti il tempo dedicato è diminuito per il 26 per cento ed è cresciuto solo per il 13,7 per cento.
Per quanto riguarda lo studio, vi hanno dedicato tempo il 36,2 per cento dei 18-24enni (circa 1milione e 500mila persone) e l’11,2 per cento dei 25-34enni, a fronte di meno del 5 per cento del resto della popolazione adulta e anziana. La quota sale al 61,9 per cento tra gli studenti. Più di un terzo di quelli che hanno studiato ne hanno approfittato per dedicare più tempo a questa attività (37,3 per cento).
Utilizzo della TV
Passando a considerare le attività di tempo libero, quella che ha coinvolto il maggior numero di cittadini è l’uso della TV o della radio (93,6 per cento) che, nella Fase 1, sono stati un indispensabile canale di aggiornamento sull’evoluzione della situazione oltre che di intrattenimento.
La TV, vista dal 92 per cento dei cittadini, è stata particolarmente utilizzata dalle categorie più vulnerabili: il 96,2 per cento della popolazione anziana (65 anni e più) ha seguito questo mezzo di comunicazione. Tra gli spettatori della TV quasi uno su due gli ha dedicato più tempo del solito. Sono soprattutto i giovani fino a 34 anni e le persone nelle classi di età centrali ad avere visto la TV in misura maggiore rispetto al periodo precedente: 53,2 per cento tra i 18 e i 34 anni e 50,1 tra i 35 e 54 anni.
La radio e i contatti sociali
Il 22 per cento circa ha ascoltato la radio, con maggiore frequenza tra le persone di età compresa tra 55 e 64 anni (27,1 per cento). L’altra attività di tempo libero particolarmente praticata ha riguardato i contatti sociali anche se la distanza sociale si è sostanziata in distanza fisica.
Tre cittadini su quattro hanno curato le loro relazioni sociali come hanno potuto, in un momento in cui le visite e gli incontri a familiari e amici non erano consentiti. Il 62,9 per cento ha sentito telefonicamente o tramite videochiamate i propri parenti: lo hanno fatto soprattutto le donne (68,4 per cento rispetto al 57 per cento degli uomini). Anche i rapporti con gli amici sono stati curati attraverso questi due canali: lo ha fatto un cittadino su due, senza significative differenze di genere. Anche la cura dei rapporti sociali ha registrato un diffuso incremento del tempo dedicato: ha dedicato più tempo del solito il 63,5 per cento di chi ha sentito amici e circa il 60 per cento di chi ha sentito i parenti.
La lettura
La crescita della lettura Il lockdown ha avuto un impatto molto rilevante sulla lettura. Vi si è dedicato il 62,6 per cento della popolazione (il 64,5 per cento degli uomini, il 60,8 delle donne), leggendo libri, riviste, quotidiani, ecc., a fronte del 29,6 per cento rilevato nell’ultima indagine sull’uso del tempo.
Il digitale sorpassa il cartaceo
Il 39,7 per cento ha letto libri, quotidiani o altro online o su supporto digitale, il 34,6 per cento su supporto cartaceo.
In una giornata della Fase 1, la lettura emerge come una di quelle attività alle quali si è riusciti a dedicare più tempo durante il lockdown, sia online (46,7 per cento) sia su carta (39,8 per cento).
In controtendenza
L’importanza di questi risultati è notevole se si considera che, nell’ultimo decennio, parallelamente alla rivoluzione digitale si è registrata una crescente disaffezione verso la lettura.
Nel caso dei libri, ad esempio, in meno di 10 anni, dal 2010 (anno di picco della quota dei lettori) al 2019, la quota di lettori è scesa dal 45,2 per cento al 38,4 per cento (sul totale della popolazione di 18 anni e più), con un calo che ha toccato in particolare la fascia di età tra i 35 e i 64 anni, oltre a bambini e adolescenti. Nonostante la diminuzione, resta invariato il divario di genere che, dalla fine degli anni ’80, vede le donne più propense alla lettura di libri: nel 2019, la quota di lettrici di 18 anni e più si attesta, infatti, al 42,5 per cento, 8,5 punti percentuali in più rispetto agli uomini (34 per cento).
Quello che è avvenuto durante il lockdown appare dunque di particolare interesse.
La lettura di libri ha interessato, in un giorno medio, il 26,9 per cento della popolazione di 18 anni e più, con una quota maggiore di donne (30,8 per cento contro 22,7 per cento per gli uomini) e di giovani fino a 34 anni (32 per cento). La lettura di e-book e/o libri online ha riguardato il 7 per cento della popolazione soprattutto giovani, due terzi dei quali donne.
L’importanza dei quotidiani
Durante il lockdown è ancora più accentuata la crescita della lettura dei quotidiani.
Quattro persone su 10 hanno letto almeno un quotidiano (su supporto digitale o cartaceo), pratica diffusa tra gli uomini più che tra le donne, nelle regioni del Centro-Nord del Paese più che nel Mezzogiorno (circa il 43 per cento contro il 36,7 per cento).
Ha letto quotidiani on line circa un terzo della popolazione di 18 anni e più (32,3 per cento), contro solo 1 persona su 10 che ha letto quotidiani cartacei. La lettura di giornali on line è scelta più spesso dagli uomini, da giovani e adulti. Non si osservano differenze di genere sui quotidiani cartacei, la cui lettura è però più diffusa tra le persone di 65 anni e più.
Restano oltre 6 milioni di famiglie che non usano Internet
Nel 2019 e nei primi medi del 2020, Internet è utilizzato regolarmente dal 74% degli individui tra i 16 e i 74 anni, contro l’85% nella Ue. Gli utenti con competenze digitali elevate sono il 22% in Italia e il 33% in media europea. Le famiglie italiane che non usano Internet sono 6 milioni 175mila (il 24,2% del totale).
In prevalenza si tratta di quelle costituite da soli anziani e da componenti con basso titolo di studio. Sensibili le differenze territoriali: la quota di famiglie in cui nessun componente usa la Rete tocca quasi il 30% al Sud e nei comuni fino a 2mila abitanti.
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