Bruciati 2.704 posti di lavoro. Il tasso di contrazione dei livelli occupazionali in ambito giornalistico è in controtendenza di circa 10 volte rispetto alla tendenza occupazione del sistema Paese.
Negli ultimi 5 anni sono andati persi 2.704 posti di lavoro nel mondo giornalistico, un calo di oltre il 15%. Un dato, quello della professione giornalistica, in controtendenza sia rispetto alla crescita dell’occupazione registrata in Europa sia in Italia. E’ quanto risulta dal “Rapporto sulle dinamiche occupazionali nel settore giornalistico: confronto con il sistema paese e l’ambito comunitario” presentato a fine maggio in Commissione Lavoro e Tutela Occupazionale dell’INPGI a cura dell’Ufficio Studi.
Contrazione dei livelli occupazionali
Il primo dato che emerge dallo Studio, si legge in una nota pubblicata sul sito dell’INPGI, è quello che riguarda l’andamento dei rapporti di lavoro dipendente: si è passati dai quasi 18 mila rapporti di lavoro giornalistico del 2012 ai poco più di 15 mila del 2017. Nello stesso periodo, il totale degli occupati in Italia è invece passato dagli oltre 22 milioni del 2012 ai 23 milioni del 2017 con un aumento di 344 mila posti di lavoro (+1,51%).
Se ne deduce, rileva il Rapporto, che il tasso di contrazione dei livelli occupazionali in ambito giornalistico è in controtendenza di circa 10 volte rispetto alla tendenza occupazione del sistema Paese. Anche l’Europa, negli ultimi 5 anni, registra segnali positivi per l’occupazione. Il totale degli occupati risulta essere pari a 222 milioni nel 2017, con un incremento di circa 10,6 milioni (+ 5%) rispetto al valore del 2012 (211,4 milioni).
La tendenza evidenziata dall’andamento del mercato del lavoro giornalistico, continua lo Studio INPGI, è inevitabilmente influenzata dal perdurare della crisi dell’editoria tradizionale, connessa ai nuovi sistemi di informazione tecnologica che hanno permesso la formazione e lo sviluppo di differenti forme di comunicazione – sia su piattaforme internet che sui social media – che hanno eroso le risorse del sistema dell’informazione senza contribuire, tuttavia, a generare adeguati livelli di occupazione giornalistica.
Solo il 9% dei contratti giornalistici sono a tempo determinato
In merito alle tipologie contrattuali, analizza il Rapporto, il ricorso al contratto a Tempo determinato è poco utilizzato nel mondo editoriale e dei media, rispetto a quanto avviene in altri ambiti lavorativi sia in Italia che in Europa.
Mentre in Italia l’applicazione del contratto a tempo determinato riguarda il 16% dei lavoratori, e in Europa il 12%, in ambito giornalistico viene applicato solo nel 9% dei casi. La motivazione di tale scostamento risiede, da un lato, nel fatto che nell’ambito giornalistico la professionalità e la fidelizzazione e del dipendente è ancora ritenuto un valore imprescindibile per la realizzazione di un prodotto editoriale di qualità e, dall’altro, testimonia che il ricorso al tempo determinato viene spesso sostituto con la collaborazione coordinata e continuativa, che presenta meno costi e maggiore elasticità di gestione del rapporto.
Oltre ai dati generali sopra riportati, l’Ufficio Studi dell’INPGI ha svolto una disamina particolare riguardo all’occupazione femminile e giovanile nel settore giornalistico:
Solo la metà delle donne giornaliste ha un’occupazione
Per quanto riguarda la suddivisione di genere della platea degli occupati, all’Ufficio Studi risulta un allineamento dei dati INPGI con il resto degli occupati in Italia, ma non con quanto accade in Europa.
Le giornaliste donne in Italia sono il 41%, le donne occupate – sempre in Italia – il 42%, mentre in Europa la percentuale delle lavoratrici è pari al 54%. Quindi, il 12% in più dell’occupazione in Europa è rosa rispetto a noi.
Le donne iscritte alla gestione principale INPGI sono 14 mila e di queste solo la metà (44%) ha un’occupazione.
Il giornalismo in Italia non è una professione per giovani
Per quanto riguarda l’età’ della platea dei disoccupati, ovvero di coloro che godono di un trattamento di disoccupazione, l’Istituto di previdenza rileva che la maggioranza di chi ha percepito l’assegno di disoccupazione INPGI rientra per lo più nella fascia 35-49 anni. L’età dei beneficiari si è infatti alzata sia nel lavoro giornalistico sia nel resto dei lavori svolti dagli italiani. Tra i giornalisti disoccupati ci sono molti più over 50 che nel resto d’Italia.
E se i giovani (15-24 anni) senza un impiego sono pressoché assenti dalle griglie INPGI e non arrivano neanche a maturare i requisiti per richiedere l’assegno, nel resto d’Italia i giovani che richiedono l’assegno di disoccupazione sono 481 mila.
Solo la metà dei giovani giornalisti ha un impiego
Ma come è composta la forza lavoro dei titolari di un contratto giornalistico in Italia rispetto al resto d’Europa?
Lo Studio osserva che in Italia la popolazione in età lavorativa compresa nella fascia 25-64 anni lavora in modo piuttosto costante, mentre cresce la fetta degli occupati più anziani. Anche in Europa la platea dei lavoratori sta invecchiando. Proprio come qui da noi dove la fascia d’età più rappresentativa di chi ha un’occupazione (il 72%) ha 35-49 anni.
Nel mondo giornalistico, invece, conclude il Rapporto, i giovani sono ancor più penalizzati. Solo il 53% di chi ha tra 25 e 34 anni lavora. Tra tutti i giornalisti, però, chi ha un’occupazione stabile sono ancora una volta gli over 50 (oltre il 62%).
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