La convinzione comune, o forse la speranza, è che l’IA applicata al giornalismo aiuterà editori e giornalisti, arricchendo e modificando le modalità di lavoro. L’interrogativo è grande, il convegno dell’ANSA “Giornalismo aumentato” tenutosi a Roma ha provato a dare qualche risposta o quantomeno degli spunti di riflessione.
Il presidente dell’ANSA, Giulio Anselmi, ha provato ad immaginare un futuro per il giornalismo che sia più una “collaborazione tra giornalisti e tecnologia”, in cui l’Intelligenza Artificiale “non deve sostituire le persone in redazione, ma deve servire a migliorare efficienza e produttività, relegare alle macchine compiti ripetitivi e dar tempo ai giornalisti di costruire cose nuove, dare sfogo alla fantasia, dedicarsi alla parte più creativa del lavoro”. Niente robot in redazione, insomma, più un aiuto pratico che le tecnologie possono effettivamente dare alla professione.
È indubbio che in questi anni la professione è cambiata, i grandi soggetti del web hanno contribuito alla disintermediazione delle notizie, il giornalismo e il suo valore sono visti diversamente dai fruitori dell’informazione, i quali sono diventati esse stessi produttori di informazione (citizen journalism, blogger ecc).
“È cambiato il modello organizzativo dell’impresa, andiamo, complice l’IA, verso modelli nuovi di giornalismo”. In ogni caso “la cosa fondamentale è la verifica delle notizie e delle fonti, per riuscire a conciliare la velocità, vera novità dei nostri tempi, con l’attendibilità”, per questo “il ruolo dell’agenzia di stampa è ancora più fondamentale, per avere informazioni corrette nel mare magnum delle chiacchiere, dei blog, dei siti, e soprattutto per distinguere le notizie dalle fake news”, continua il presidente dell’ANSA.
Guardiamo però anche agli aspetti positivi: l’IA potrebbe essere davvero fondamentale nel mondo dell’informazione per esempio per ridurre lo svantaggio di esprimersi in una lingua – l’italiano – che ha un’audience limitata. “In Inghilterra e Usa anche il giornalista più scarso ha una audience di centinaia di milioni di persone per il solo fatto di scrivere in inglese”, ha osservato Carlo D’Asaro Biondo, presidente Emea partnership di Google.
Sicuramente il giornalista che conosce tali tecnologie guadagna in qualità e tempo, allarga la sua audience e può approfondire la notizia, studiando attentamente il commento e l’interpretazione del fatto stesso.
Lo stesso Google ha avviato un progetto “Google News Initiative” con lo scopo di educare i professionisti del settore ad utilizzare queste nuove tecnologie. L’iniziativa finora ha finanziato 660 progetti nel mondo con circa 200 milioni. “Crediamo nella condivisione delle conoscenze per garantire una vita migliore a tutti. È il principio della mission di Google. È la mission di editori e giornalisti. In poche parole i nostri futuri sono strettamente legati”, si legge sulla pagina del progetto del grande OTT. E poi ancora: “Vogliamo assicurarci che le notizie di qualità siano riconosciute sulle nostre piattaforme, che siano facilmente individuabili dagli utenti e che i partner giornalistici traggano vantaggi dalla creazione di tali notizie. Le nuove tecnologie offrono nuove opportunità, Aiutiamo i partner a rispondere al cambiamento delle abitudini di consumo delle notizie. La collaborazione è fondamentale per il successo reciproco”. Di certo non è la soluzione, ma può rappresentare un valido aiuto.
Un’altra idea su come sfruttare le potenzialità dell’IA nelle redazioni arriva da alcuni progetti europei, sviluppati su temi diversi: rendere più ricche le notizie o renderle personalizzate per il singolo lettore, o combattere le fake news con algoritmi studiati. Inoltre, l’UE ha pubblicato delle linee guida per l’uso affidabile dell’Intelligenza Artificiale.