Venticinque anni di privacy in Italia, venticinque anni di Garante per la Protezione dei Dati Personali (GPDP).
Il Garante della privacy è un’autorità amministrativa indipendente italiana istituita dalla legge 31 dicembre 1996, n. 675, per assicurare la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali e il rispetto della dignità nel trattamento dei dati personali.
“In un quarto di secolo la privacy da diritto borghese è diventata una conquista di tutti, a sostegno della libertà e della democrazia”, commenta il presidente dell’Autorità Garante per la Privacy, Pasquale Stanzione, in un’intervista con ANSA.
Per Stanzione, le principali conquiste di questo quarto di secolo sono indubbiamente “la democratizzazione della privacy; la sua affermazione come diritto sempre più di tutte e tutti e, soprattutto, degli ultimi. Nato e percepito, in origine, come tradizionale prerogativa borghese, il diritto alla privacy si è progressivamente affermato (in Italia anche grazie allo Statuto dei lavoratori già negli anni ’70) come potente strumento di redistribuzione del potere informativo e, dunque, di garanzia delle fasce deboli nell’ottica dell’eguaglianza sostanziale sancita dalla Costituzione”.
La situazione pandemica ci ha insegnato molto a che dal punto di vista della tutela dei nostri dati personali. In un momento in cui eravamo tutti connessi in rete nello stesso momento e le nostre attività erano limitate all’utilizzo di internet, “la privacy è stata un’interprete importante di quest’esigenza di bilanciamento, dimostrando la rilevanza della sua “funzione sociale” nel garantire un equilibrio democraticamente sostenibile con le esigenze collettive e nel rendere la tecnica strumentale all’uomo e alla libertà, mai viceversa”.
Ma è sul tema del rapporto tra privacy e informazione, Stanzione spiega che dovrebbe essere “governato dal criterio di essenzialità, che legittima la diffusione di dati anche personali purché funzionali a fini informativi rispetto a notizie di pubblico interesse. Ciò consente di adempiere alla fondamentale funzione informativa senza, tuttavia, far scadere il giornalismo a sguardo dal buco della serratura, che nulla aggiunge in termini informativi, ma viola la dignità della persona”.
“C’è bisogno di una guida antropocentrica dell’innovazione, che impedisca di rendere l’uomo strumento della macchina, anziché viceversa. È la direzione impressa dalla regolazione europea sul digitale, che sin dal GDPR mira a coniugare innovazione e umanesimo digitale”, spiega il Garante. In questo senso, l’Unione europea deve affrontare la sfida che l’attende: “farsi promotrice dell’universalismo dei diritti umani”.
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