Giornalismo, il giudice valuta tra lavoro subordinato e finte esternalizzazioni presso i service editoriali

Sentenza del Tribunale di Roma n. 3637 del 8 maggio 2018.

E’ di poche settimane fa un’interessante pronuncia del Tribunale di Roma sui limiti all’esternalizzazione dell’attività giornalistica.
Con Sentenza n. 3637 del 8 maggio 2018, il Tribunale di Roma ha confermato la fondatezza di un accertamento ispettivo dell’ INPGI sulla base del quale è stata riconosciuta la natura subordinata dei rapporti di lavoro di dieci giornalisti (nove pubblicisti e un professionista) intercorsi con una società editrice di un periodico sportivo.

Nel caso di specie, infatti, rileva un articolo pubblicato sul sito dell’INPGI, è emerso che tutti i giornalisti oggetto di accertamento abbiano svolto attività intellettuale continuativa ed essenziale ai fini della redazione del giornale, e della sua uscita a cadenza fissa settimanale prestando l’attività tipica del redattore nell’ambito di un contesto aziendale organizzato che faceva affidamento sul contributo intellettuale da ciascuno di essi offerto.

La società aveva negato la natura dipendente dei rapporti di lavoro sostenendo che i giornalisti erano formalmente soci di un “service” terzo – un’associazione sportiva dilettantistica – dalla quale venivano retribuiti per attività di “help desk e conduzione di processi informatici” nonché per altre attività di promozione dello sport.

Il giudice di primo grado, riporta l’articolo, rigettando l’opposizione della società editrice, ha confermato in favore dell’INPGI il diritto al versamento dei contributi previdenziali, evidenziando che l’associazione sportiva rappresentava, nei fatti, uno schermo fittizio e che l’attività dei giornalisti era svolta, in realtà, direttamente in favore della società editrice effettivamente utilizzatrice delle prestazioni giornalistiche, che si sostanziavano nello svolgimento delle mansioni proprie del redattore.

Tribunale Ordinario di Roma, Piazzale Clodio, (Foto da www.tribunale.roma.giustizia.it)

Per giungere a queste conclusioni, il giudice ha potuto contare, come di consueto, su un importante corredo probatorio acquisito in corso di ispezione e posto alla base del lavoro del Servizio Legale dell’Istituto: dichiarazioni testimoniali precise, circostanziate e concordanti dei giornalisti oggetto del recupero previdenziale confermate in udienza dai testi escussi, oltre a quanto emerso e verbalizzato nel corso degli accessi ispettivi – svolti in orario di piena operatività produttiva del periodico – durante il quale tutti i giornalisti erano stati trovati nei locali della società, addetti a proprie postazioni di lavoro, impegnati nella chiusura del giornale che sarebbe dovuto uscire il giorno seguente.

In tal senso il Giudice ha potuto affermare l’importante principio in base al quale “deve ritenersi che le dichiarazioni acquisite nella precedente fase ispettiva, e non smentite nel corso del presente giudizio, consentano di valutare la sussistenza di un vincolo di subordinazione specificamente ricondotto all’attività giornalistica, nel rapporto di lavoro esistente fra ciascuno dei giornalisti di cui al verbale ispettivo e la società editrice opponente”.

«La pronuncia interviene su un tema particolarmente delicato, – conclude la nota dell’Istituto di previdenza dei giornalisti – rappresentato dal fenomeno dell’esternalizzazione presso “service” dei processi di realizzazione del prodotto giornalistico, confermando sul punto l’orientamento repressivo assunto dall’Istituto nei confronti di quelle situazioni poste in essere in chiave meramente elusiva, in quanto non effettivamente rispondenti ai modelli giuridici previsti dalla legislazione vigente».

Foto in alto: Tribunale civile di Roma, V.le Giulio Cesare (da ww.tribunale.roma.giustizia.it)