Il Covid-19 è usato come scusa per limitare ulteriormente la libertà di Internet nel mondo che, per il decimo anno consecutivo, risulta in calo.
Cina ed Iran risultano essere i Paesi in cui la libertà del web viene maggiormente limitata, Islanda e Estonia, invece, risultano al lato opposto della classifica. L’Italia è al settimo posto della classifica, con un Internet abbastanza libero.
Ad affermarlo è un nuovo report del think tank Freedom House effettuato su 65 nazioni, corrispondenti all’87% degli utilizzatori globali, che si basa su 21 parametri (dall’accesso al web alla censura dei contenuti).
Lo studio denuncia che in almeno 20 paesi la pandemia è stata utilizzata per introdurre nuove restrizioni alla libertà di parola e arrestare chi aveva espresso critiche online. Inoltre, ben 28 governi hanno bloccato siti web, utenti o piattaforme per censurare informazioni, come statistiche negative sulla salute o report critici. Ma il dato più allarmante riguarda i 45 Paesi che hanno addirittura arrestato alcuni cittadini per dei post sul Covid-19.
Gli autori dello studio sottolineano che “nell’era del Covid-19 la connettività non è un lusso ma una necessità. Praticamente tutte le attività, dal commercio all’educazione alla salute, sembrano essersi spostate online. Stati e entità non statali in molti paesi stanno sfruttando le opportunità create dalla pandemia per imporre narrative online, censurare le voci critiche e costruire nuovi sistemi tecnologici di controllo sociale“.