Al centro del Rapporto il tema della comunicazione, dell’informazione e delle fake news durante la pandemia da Covid-19, con focus sulla Regione Lazio.
A Palazzo Wedekind a Roma è stato presentato il Rapporto “Fake news e sfiducia, il ruolo delle associazioni consumeristiche per la ripartenza”, promosso dalla Unione Generale Consumatori (UGCons).
Tutti abbiamo cercato informazioni, documenti, notizie su un nemico tanto temibile quanto sconosciuto.
Parallelamente alla diffusione delle notizie ufficiali sono nate e sono state alimentate notizie false, fuorvianti e destabilizzanti.
L’analisi demoscopica effettuata nel mese di ottobre 2021 è stata condotta dal professore Roberto Baldassari della Sapienza Università di Roma, tramite la somministrazione di 1.500 interviste telefoniche e online valide e complete (4.228 contatti totali).
L’evento è stato realizzato nell’ambito del progetto “Programma consumo 2.1”.
6 cittadini laziali su 10 dichiarano di conoscere il significato del termine “fake news”. Il 52,8% delle donne. Il 47,2% degli uomini. Il 26,7% delle persone di età compresa tra i 25 e i 34 anni e il 25,6% delle persone tra i 35-44 anni.
Quando è stata chiesta la definizione di fake news solo il 51,8% dei cittadini del Lazio ha risposto correttamente. Individuando le due caratteristiche principali delle fake news ovvero la falsità delle notizie diffuse e la volontarietà di manipolare l’opinione pubblica.
Prevalentemente verificando sui siti nazionali preposti o leggendo sui quotidiani e siti di informazione online (71,4%).
Alla domanda “come distingue una fonte autorevole da un sito che diffonde una fake news?”, il 77,8% risponde “considero fonti autorevoli i siti delle notizie e delle testate giornalistiche”.
Successivamente è stato chiesto “cosa è veramente importante prima di condividere una notizia?”. Il 78,9% ha risposto “condividere il punto di vista della notizia” seguito da “verificare l’autenticità della notizia” (61,2%) e “leggere con attenzione la notizia” (55,2%).
Per gli intervistati, i principali artefici della creazione e diffusione di fake news sono i siti non ufficiali (66,7%).
I principali canali di informazione utilizzati per raccogliere notizie durante il lockdown sono stati la televisione (84,8%), i siti web istituzionali (52,8%), i giornali online (33,3%), i social media (24,9%).
Amici, conoscenti, parenti sono stati la fonte di informazione per quattro cittadini laziali su dieci. Mentre il medico di base e lo specialista sono stati interpellati per raccogliere informazioni sul Covid-19 dal 29,5%.
Confrontando le stesse fonti nel periodo di post-pandemia acuta, è interessante notare come crescano significativamente la figura del medico di base e quella del farmacista (rispettivamente +6% e +13,1%).
È aumentato sensibilmente l’utilizzo della radio grazie al ritorno dell’impiego delle auto. Ed è tornata ad avere un ruolo importante la figura di scuola/insegnanti, complice la riapertura delle lezioni in presenza.
Il 67,1% degli intervistati dichiara di aver utilizzato da 2 a 4 fonti di informazione, solo il 9,2% più di 4 o tutte le fonti disponibili per informarsi sul Covid-19.
L’opinione pubblica del Lazio non risparmia giudizi severi: “disorientante” (69,4%), “confusiva” (61,4%), “ansiogena” (55,3%) e “di base” (53,7%).
I sentimenti positivi sono relegati agli ultimi cinque posti: comunicazione “chiara” (13,8%), “equilibrata” (11,9%), “competente” (10,7%), “autorevole” (5,9%), “tranquillizzante” (3,1%).
Quasi la totalità degli intervistati (91,4%) ritiene che la comunicazione ricevuta dalle Istituzioni è stata superficiale. E solo a volte chiara e concreta.
A otto cittadini del Lazio su dieci è capitato di imbattersi in informazioni raccolte su web e social network in seguito rivelatesi false o sbagliate: il 48,7% dichiara di essersi imbattuto in notizie false/sbagliate “almeno una volta al mese”, solo il 6,7% sembra essere “immunizzato dalle fake news sul Covid-19”.
Tra i “sistemi” auspicati per limitare la diffusione delle fake news, al primo posto troviamo “l’obbligo di rimozione delle fake news una volta trovate” (42,7%) seguito “dall’obbligo della verifica delle notizie e delle fonti” (31,4%).
Laura Aria, Commissario AGCOM, ha dichiarato: “La comunicazione dei media ha effetti importanti sulla socialità dell’individuo, pertanto ha bisogno di regole ben precise.
Il problema delle piattaforme social è che non esiste una responsabilità editoriale. Per questo sono state previste a livello europeo normative più stringenti per contrastare fenomeni distorsivi come il dilagare delle fake news. E la profilazione dei cittadini, al fine di preservare la trasparenza e l’accountability mediante la verifica degli algoritmi”.
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