In Gran Bretagna Facebook lancia una campagna pubblicitaria per aiutare gli iscritti alla piattaforma social a gestire nel miglior modo possibile i propri dati personali.
Cercando di recuperare il terreno perso sul tema della trasparenza dopo lo scoppio dello scandalo di Cambridge Analytica, nei giorni scorsi il Social network ha lanciato ‘Privacy is Personal’, una campagna per spiegare agli inglesi come gestire i dati personali sui propri profili, dalle condivisioni fino alle impostazioni pubblicitarie.
“Sentiamo spesso che le persone non sono a conoscenza dell’esistenza di queste funzioni, o non sanno dove trovarle”, ha spiegato Aaron Hoffman, UK marketing manager di Facebook. “Abbiamo la responsabilità di farle scoprire, in modo che possano scegliere le impostazioni”.
Nella campagna si vede come ognuno abbia le proprie ‘impostazioni di privacy’ sia nella ‘vita reale’ che su Facebook. Queste preferenze, possono variare a seconda delle persone e delle situazioni in cui ci si trova, ad esempio in spiaggia o in un viaggio di lavoro. Facebook segnala le funzionalità a cui accedere per variare le impostazioni.
Nelle prossime 10 settimane la campagna sarà pianificata su diversi canali, comprese Facebook e Instagram, ma anche cinema, stampa e audio. “Non c’è modo migliore per raggiungere i nostri utenti se non usare le nostre stesse piattaforme, parte centrale della campagna”, ha spiegato ancora Hoffman, segnalando come i messaggi passeranno su brevi video e storie, ma ci saranno anche informazioni più specifiche e approfondite, con link per aggiornare le impostazioni dei profili direttamente delle pubblicità.
Secondo una ricerca effettuata su 2000 iscritti a Facebook, solamente la metà sa come controllare chi guarda le proprie foto e più di un quinto (22%) non sa come personalizzare le impostazioni di privacy dei vari social (MarketingWeek).
La cosiddetta Generazione Z, composta dai ragazzi nati dopo il 1997, conta il numero più alto di persone che sa come controllare le impostazioni: il 44%. Numero che contrasta con il solo 32% registrato invece tra gli over 55.