ROMA (ITALPRESS) – Per l’economia “c’è una fase complessiva di rallentamento mondiale” ma il sentiment delle imprese per il 2024 è ottimista, tanto che “circa un terzo prevede incrementi”. Lo ha detto Gaetano Fausto Esposito, direttore generale del Centro Studi delle Camere di Commercio “Guglielmo Tagliacarne”, intervistato da Claudio Brachino per il magazine televisivo Italpress Economy.
Al momento, “i settori che stanno andando meglio in termini di produzione e di esportazioni sono i settori legati al made in Italy ‘non tradizionalè, per esempio la farmaceutica, il computer e l’elettronica. Sta andando molto bene il settore degli autoveicoli e abbiamo un pò di rallentamento in termini di produzione industriale per il tessile e l’abbigliamento, il settore del legno, la chimica e i prodotti raffinati: nel complesso, veniamo da un mese di agosto in cui l’incremento dell’export sui mercati extraeuropei è stato molto positivo”.
Per Esposito “c’è sicuramente una fase di rallentamento”, ma “probabilmente a fine anno potremmo chiudere intorno al +1% del Pil: in questa fase anche i decimi di punto sono importanti, tenuto conto che comunque la nostra economia sta reggendo meglio per esempio di quella tedesca e di quella del Regno Unito e anche le stime che abbiamo rispetto alla media europea sono un filino più positive”.
Qual è il sentiment delle imprese per il 2024? “E’ la prima volta che c’è quasi un 30% di imprese che, a oggi, non riesce bene a decodificare quale sarà l’andamento: c’è una fase di incertezza”, ma nonostante questo “soltanto un 4% delle nostre imprese prevede una fase di riduzione del fatturato e abbiamo circa un terzo delle aziende che prevede incrementi per il 2024 sia di fatturato, sia di esportazione”, spiega Esposito.
Sull’occupazione, invece, “ci sono tanti segnali contrastanti: gli ultimi dati recenti danno la contrazione del tasso di disoccupazione come non avveniva da tanti anni e anche il tasso di partecipazione (cioè delle persone che partecipano al mercato del lavoro) è in crescita. Siamo comunque al di sotto dei valori medi europei, però se guardiamo l’Italia di qualche anno fa e l’Italia di oggi, il miglioramento c’è. Buona parte di questa crescita è avvenuta nei settori meno strutturati: industria, agricoltura e pubblica amministrazione hanno perso occupazione”, mentre “il settore terziario l’ha assorbita”. Si tratta però di “un settore meno stabile in termini di permanenza delle imprese e probabilmente anche in termini di condizioni contrattuali”.
Negli ultimi anni, ricorda Esposito, “c’è un problema retributivo: tra il 2007 e il 2022, le retribuzioni hanno perso circa il 34% del potere di acquisto. La leva economica continua ad avere un peso importante”, ma occorre anche “un’attenzione agli aspetti retributivi in senso lato”, come il “welfare aziendale, uno degli aspetti che motivano sempre più i lavoratori, soprattutto quelli più giovani”.
Secondo Esposito, “non ci può essere impresa senza imprenditori: il capitalismo familiare ha anche dei limiti, ad esempio le imprese familiari investono un pò meno nelle risorse umane rispetto a quelle non familiari. Le imprese familiari ‘giovanilì sono più propense a investire, probabilmente per un modello di formazione degli imprenditori più avanzato: questo è un aspetto sicuramente positivo, ma l’aspetto negativo è che in Italia si sta riducendo la propensione a fare imprenditorialità giovanile”.
Tra Nord e Sud “il divario esiste, però le imprese del Sud stanno fortemente recuperando”, spiega il direttore generale del Centro Studi Tagliacarne. “Per quanto riguarda gli investimenti green, nei prossimi tre anni le imprese del Mezzogiorno nel 47% dei casi faranno crescita”: questo dato “rispetto al triennio precedente è 15 punti sopra, quindi c’è un forte recupero, anche per quanto riguarda gli aspetti connessi all’investimento digitale e alle nuove tecnologie: circa il 43% delle imprese del Sud investirà in questo ambito”, sottolinea. Infine, sul Pnrr, “secondo le nostre rilevazioni circa un terzo delle imprese e si è attivato o si attiverà: non è un valore elevatissimo, ma è un valore abbastanza significativo. Chiaramente si stanno attivando in particolar modo sulle linee di attività che prevedono la transizione digitale e quella energetica”. Però “abbiamo circa un quarto delle imprese che non sa neanche di che cosa stiamo parlando, c’è ancora oggi un problema reale di informazione: su questo ci possono essere degli spazi di intervento interessanti, una comunicazione un pò diversa aiuterebbe”, conclude Esposito.
Al momento, “i settori che stanno andando meglio in termini di produzione e di esportazioni sono i settori legati al made in Italy ‘non tradizionalè, per esempio la farmaceutica, il computer e l’elettronica. Sta andando molto bene il settore degli autoveicoli e abbiamo un pò di rallentamento in termini di produzione industriale per il tessile e l’abbigliamento, il settore del legno, la chimica e i prodotti raffinati: nel complesso, veniamo da un mese di agosto in cui l’incremento dell’export sui mercati extraeuropei è stato molto positivo”.
Per Esposito “c’è sicuramente una fase di rallentamento”, ma “probabilmente a fine anno potremmo chiudere intorno al +1% del Pil: in questa fase anche i decimi di punto sono importanti, tenuto conto che comunque la nostra economia sta reggendo meglio per esempio di quella tedesca e di quella del Regno Unito e anche le stime che abbiamo rispetto alla media europea sono un filino più positive”.
Qual è il sentiment delle imprese per il 2024? “E’ la prima volta che c’è quasi un 30% di imprese che, a oggi, non riesce bene a decodificare quale sarà l’andamento: c’è una fase di incertezza”, ma nonostante questo “soltanto un 4% delle nostre imprese prevede una fase di riduzione del fatturato e abbiamo circa un terzo delle aziende che prevede incrementi per il 2024 sia di fatturato, sia di esportazione”, spiega Esposito.
Sull’occupazione, invece, “ci sono tanti segnali contrastanti: gli ultimi dati recenti danno la contrazione del tasso di disoccupazione come non avveniva da tanti anni e anche il tasso di partecipazione (cioè delle persone che partecipano al mercato del lavoro) è in crescita. Siamo comunque al di sotto dei valori medi europei, però se guardiamo l’Italia di qualche anno fa e l’Italia di oggi, il miglioramento c’è. Buona parte di questa crescita è avvenuta nei settori meno strutturati: industria, agricoltura e pubblica amministrazione hanno perso occupazione”, mentre “il settore terziario l’ha assorbita”. Si tratta però di “un settore meno stabile in termini di permanenza delle imprese e probabilmente anche in termini di condizioni contrattuali”.
Negli ultimi anni, ricorda Esposito, “c’è un problema retributivo: tra il 2007 e il 2022, le retribuzioni hanno perso circa il 34% del potere di acquisto. La leva economica continua ad avere un peso importante”, ma occorre anche “un’attenzione agli aspetti retributivi in senso lato”, come il “welfare aziendale, uno degli aspetti che motivano sempre più i lavoratori, soprattutto quelli più giovani”.
Secondo Esposito, “non ci può essere impresa senza imprenditori: il capitalismo familiare ha anche dei limiti, ad esempio le imprese familiari investono un pò meno nelle risorse umane rispetto a quelle non familiari. Le imprese familiari ‘giovanilì sono più propense a investire, probabilmente per un modello di formazione degli imprenditori più avanzato: questo è un aspetto sicuramente positivo, ma l’aspetto negativo è che in Italia si sta riducendo la propensione a fare imprenditorialità giovanile”.
Tra Nord e Sud “il divario esiste, però le imprese del Sud stanno fortemente recuperando”, spiega il direttore generale del Centro Studi Tagliacarne. “Per quanto riguarda gli investimenti green, nei prossimi tre anni le imprese del Mezzogiorno nel 47% dei casi faranno crescita”: questo dato “rispetto al triennio precedente è 15 punti sopra, quindi c’è un forte recupero, anche per quanto riguarda gli aspetti connessi all’investimento digitale e alle nuove tecnologie: circa il 43% delle imprese del Sud investirà in questo ambito”, sottolinea. Infine, sul Pnrr, “secondo le nostre rilevazioni circa un terzo delle imprese e si è attivato o si attiverà: non è un valore elevatissimo, ma è un valore abbastanza significativo. Chiaramente si stanno attivando in particolar modo sulle linee di attività che prevedono la transizione digitale e quella energetica”. Però “abbiamo circa un quarto delle imprese che non sa neanche di che cosa stiamo parlando, c’è ancora oggi un problema reale di informazione: su questo ci possono essere degli spazi di intervento interessanti, una comunicazione un pò diversa aiuterebbe”, conclude Esposito.
– Foto Italpress –
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