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Dati e idee contro la crisi dell’informazione locale (Indagine AGCOM)

L’86% degli italiani si informa abitualmente su fatti locali, attraverso canali televisivi, emittenti radio, quotidiani o servizi online.

Sono stati illustrati dal Presidente dell’Agcom, Angelo Marcello Cardani e dal Commissario Mario Morcellini, ci informa un comunicato stampa dell’Authority, l’11 febbraio scorso presso la sede dell’ANCI a Roma, gli esiti della “Indagine Conoscitiva sull’informazione locale” condotta dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. Essa ha evidenziato caratteristiche e dinamiche dell’offerta e della domanda di informazione in Italia, con un focus particolare sull’ambito locale, e condotto una disamina approfondita dei sistemi territoriali, oltre a mettere in luce le diversità territoriali e le criticità sotto il profilo del pluralismo informativo.

La rilevanza della RAI
Una panoramica complessiva del sistema informativo locale consente di riscontrare l’estrema rilevanza del servizio pubblico radiotelevisivo locale, visto che RAI è il primo gruppo di riferimento per l’informazione locale in 14 regioni. La particolare forza informativa della RAI in ambito locale impone adeguate riflessioni sulle modalità di concreta attuazione e vigilanza dei principi di pluralismo, obiettività, completezza e imparzialità cui deve essere ispirata l’azione della concessionaria di servizio pubblico, oltre alla necessità di un’accountability anche a livello locale.

L’analisi evidenzia anche la presenza di alcuni gruppi editoriali nazionali (Monrif, GEDI, Caltagirone, Tosinvest) che ricoprono un ruolo importante a livello locale, anche se ci sono elementi che diluiscono il peso informativo di queste posizioni.

Elementi di criticità
Nella Indagine si enucleano due elementi di grave criticità che caratterizzano l’attuale fase dell’ecosistema dell’informazione locale. In primo luogo, la crisi, profonda e strutturale, che percorre i mezzi tradizionali (a partire dai quotidiani) che rischiano di scomparire in importanti aree del Paese. Ciò in un contesto in cui le nuove fonti digitali stentano a trovare una collocazione e soprattutto un proprio modello di business. In secondo luogo, l’emergere di difficoltà nel numero di voci informative indipendenti esistenti in alcuni mercati locali.

Infatti, in talune regioni (in particolare, Trentino Alto Adige, Sardegna, Puglia, Molise e Sicilia) si rilevano posizioni di forza informativa di alcuni soggetti privati.

Infine, l’Indagine fornisce per la prima volta complete informazioni di dettaglio relative a ogni singola regione italiana, con specifiche Schede di approfondimento in cui sono riportati i dati riconducibili al territorio, sia in termini di numerosità e qualificazione delle fonti informative, sia in termini economici.

Pubblichiamo un breve stralcio della Indagine AGCOM:

Angelo Marcello Cardani, Presidente AGCOM (foto da YouTube)

I media locali, risorsa indispensabile del sistema informativo
L’ambito locale rappresenta una dimensione fondamentale del pluralismo, specie in una società globalizzata in cui le identità locali, da un lato, assumono un nuovo, fondamentale ruolo di connettività sociale, dall’altro, rischiano di perdere attenzione e approfondimento dall’ecosistema dell’informazione nazionale e internazionale. L’informazione locale è caratterizzata da proprie specificità. La prossimità, immediatezza, identità e contestualizzazione costituiscono elementi essenziali della pluralità di culture, lingue, punti di vista, e, più in generale, della diversità che caratterizza le società contemporanee e che necessita di inclusione, anche mediale, e partecipazione attiva.

Il concetto di informazione locale presenta diverse dimensioni che sono state analizzate in questa indagine nella loro interezza. In primo luogo, l’informazione locale concerne l’informazione prodotta sul territorio. In questo senso, tutte le fonti informative stabilite sul territorio concorrono a formare il tessuto editoriale e devono essere prese in considerazione e analizzate. Tra queste devono essere distinte le fonti che producono informazione di territorio e quelle invece che hanno un’offerta rivolta ad un pubblico più vasto, nazionale o, addirittura, internazionale. L’analisi dell’informazione di territorio non può prescindere dalla dimensione inerente alla domanda di informazione a livello locale. Infatti, è la domanda a delimitare l’ambito geografico dei mercati, così come è il consumo effettivo dei vari contenitori informativi da parte dei cittadini a decretarne l’importanza relativa ai fini della tutela del pluralismo.

Una panoramica complessiva della domanda di informazione locale
In Italia, l’attenzione verso l’informazione locale, che rappresenta una fattispecie di informazione avente la caratteristica di essere circoscritta al territorio o alla realtà locale, appare ampia, se si considera che l’86% dei cittadini si informa abitualmente su fatti locali, attraverso canali televisivi, emittenti radio, quotidiani o servizi online (siti e app di testate online, social network, motori di ricerca), anche se caratterizzata da accentuata disomogeneità tra le diverse aree del Paese.

In particolare, emerge una pronunciata attenzione verso l’informazione locale nelle regioni caratterizzate da forti comunità locali con specificità culturali e/o linguistiche, quali la Valle d’Aosta e il Trentino Alto Adige che presentano percentuali elevatissime e prossime al 100% della popolazione locale (rispettivamente 98% e 96%).

Mario Morcellini (foto da www.agcom.it)

In questa direzione va anche la penetrazione raggiunta da Friuli Venezia Giulia (94%) e Sardegna (91%), così come appare naturale che in Lazio e Lombardia la dimensione locale sia più sfumata. Viceversa, sorprende il basso dato di regioni quali Veneto (84%), Sicilia (80%) e Piemonte (78%), che si colloca in ultima posizione.

Il mezzo televisivo si conferma prevalente su quasi tutto il territorio italiano, superando le precedenti differenziazioni territoriali: in 17 regioni su 20 la principale fonte di informazione locale è rappresentata da un canale televisivo. La televisione, confermando quanto evidenziato dalla letteratura, risulta per i cittadini la fonte prevalente, tranne in tre regioni (Piemonte, Emilia-Romagna e Toscana) dove il quotidiano mantiene il primato.

In questo ambito, si afferma il ruolo dei brand nazionali. In particolare, il servizio pubblico radiotelevisivo, attraverso il TGR, risulta la più importante fonte di informazione locale in ben 14 regioni italiane. La testata regionale della Rai raggiunge valori molto elevati, specie nelle regioni in cui la programmazione è offerta anche in altre lingue, oltre all’italiano.

La disponibilità di fonti informative a livello locale
L’analisi dell’offerta informativa locale, intesa nella prospettiva di tutela del principio pluralistico come numero di voci disponibili, non può che prendere avvio dall’esame della distribuzione delle fonti informative presenti in ciascuna regione. Un indicatore in tal senso è rappresentato dal numero di fonti di informazione con sede, legale o operativa, in una regione.

Tale variabile, infatti, oltre a fornire un’indicazione circa l’incidenza del comparto industriale per l’economia regionale, esprime direttamente la prossimità degli editori e delle figure professionali che si occupano della produzione dei contenuti informativi rispetto ai cittadini che risiedono in una determinata area e, dunque, la loro attitudine a trattare gli accadimenti che si verificano nel medesimo territorio. Al riguardo, considerando tra le fonti informative stabilite nei diversi ambiti regionali anche quelle a diffusione nazionale (incluse le testate online), spiccano per numero di imprese di informazione presenti la Lombardia e, in seconda battuta, il Lazio. Focalizzando, invece, l’attenzione sulle sole fonti a diffusione locale, è la Sicilia a registrare il maggior numero di imprese di informazione con sede nella regione, seguita dalla Puglia e dalla Lombardia.

In linea generale, si riscontra un’elevata differenziazione territoriale per numero di fonti di informazione localizzate nella singola regione, con il permanere di un insieme di regioni caratterizzate da una presenza ridotta o molto ridotta di voci informative.

Gli aspetti di criticità sopra esposti hanno riguardato in modo particolare i quotidiani: diverse testate sono state chiuse o acquisite da altri editori, riducendo di fatto il numero di voci informative disponibili sull’attualità locale in dati territori, tanto da portare alcune regioni (non solo, come visto, la Valle d’Aosta ma anche la Calabria) a non contare più sulla presenza di alcun quotidiano locale.

Un’analoga attitudine a costituire un riferimento per la comunità locale – associata d’altra parte alle nuove potenzialità di interazione sociale insite nel mezzo digitale – si rinviene nelle testate online, che, pur avendo una diffusione potenzialmente mondiale, sono atte a configurarsi come nuovo strumento di consolidamento dell’identità locale.

L’Autorità, nel recente “Rapporto sulle testate online”, calcola in ben oltre un migliaio gli editori che editano testate online; molti di essi provengono dai media tradizionali, prevalentemente da quotidiani e periodici. Limitando l’analisi ai soli editori web puri, attualmente essi possono essere stimati in circa 800 unità.

Oltre la metà delle testate online (51%) presenta proprio un profilo locale, con un bacino territoriale di riferimento che più frequentemente ha un’estensione provinciale (34%), rispetto ad ambiti più ristretti (comunale, 3%) o più allargati (regionale, 14%).

Ciò indica l’esistenza, a parità di altre condizioni, di una dimensione territoriale ottima minima della testata online che coincide con un bacino di utenza provinciale. L’informazione online, quindi, potrebbe delineare il futuro di molti editori locali, anche se al momento, tranne in pochi casi isolati, non sembra riuscire a svolgere questo ruolo.

La parte informativa del web, specie nella sua componente puramente digitale, non registra valori economici e finanziari tali da far pensare a una sua sostenibilità. Come ampiamente illustrato nel sopra citato “Rapporto sulle testate online”, si tratta di realtà generalmente di dimensioni ancora troppo ridotte, non in grado di rappresentare una significativa fonte informativa e una effettiva alternativa. Infatti, emerge in tutta la sua rilevanza la sussistenza di una forte correlazione tra risorse economiche e investimenti. La carenza di adeguate risorse, correlata all’asimmetrica distribuzione della pubblicità online (fonte prevalente di finanziamento), impedisce spesso agli editori online di strutturarsi, investendo nella professione giornalistica da un lato e in risorse e professionalità tecniche adeguate dall’altro.

La ripartizione territoriale delle risorse giornalistiche
Un ulteriore indicatore valutabile nell’analisi dell’offerta informativa locale è costituito dalla distribuzione dei giornalisti impiegati in ciascuna regione. La ripartizione territoriale delle risorse giornalistiche, come prevedibile, ricalca tendenzialmente quella degli editori in base alla sede di stabilimento, seppur evidenzia ancora più marcatamente la disparità per macro-area. Inoltre, una forte differenza tra le due distribuzioni si riscontra in corrispondenza del Lazio, regione dove ha sede legale la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, che impiega una elevata porzione del totale dei giornalisti dipendenti.

Guardando al numero complessivo di risorse mediamente impiegate dalle imprese di informazione, i giornalisti rappresentano circa la metà dei dipendenti, anche se alcune regioni registrano valori inferiori (come nel caso del Lazio, 26%) o superiori (come Toscana e Liguria, 60%).

Per approfondimenti sull’indagine Agcom:
Parte I – Una visione d’insieme;
Parte II – Sistema informativo regionale;
Parte III – Appendici metodologiche.

uspi

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