Comscore e Sensemakers hanno analizzato i comportamenti di consumo delle notizie digitali in Italia da parte di 3 generazioni: la Generazione Z, i Millennials, e la Generazione X.
I risultati della ricerca – annunciati con un post sul sito di Sensemakers – sono frutto di un’indagine condotta nel mese di Luglio 2019 su campioni rappresentativi della Generazione Z (i nati dal 1995 al 2010), dei Millennials (i nati negli anni ‘80 e ‘90) e della Generazione X (i nati tra il 1960 e il 1980), integrati con i dati di Audience Analytics delle piattaforme Comscore.
I risultati disponibili sono stati messi a confronto con i dati della stessa indagine realizzata in Gran Bretagna e Stati Uniti.
L’obiettivo è stato quello di identificare le principali differenze tra le modalità di fruizione di ciascuna generazione soprattutto in due ambiti:
– l’interesse alla lettura;
– le fonti, i device e le differenti forme di consultazione.
L’aspetto più rilevante che emerge dalla ricerca è che gli italiani, soprattutto giovanissimi, stanno cambiando abitudini e per proteggere la propria identità digitale, preferiscono discutere le notizie che leggono con gruppi ristretti di amici rispetto alla condivisione on-line sempre meno frequente.
Si tengono genericamente aggiornati sui social ma quando ricercano attivamente notizie e informazioni sui fatti di cronaca preferiscono i siti di news. Lo fanno soprattutto attraverso lo smartphone ricorrendo principalmente alla navigazione in browsing e alle notizie nativamente presenti sul telefono (aggregatori).
Questo e molto altro emerge dalla indagine Comscore – Sensemakers.
La differenza di approccio alle news
Gli italiani si informano online e lo fanno significativamente più di inglesi e americani, ma ciò che cambia notevolmente tra le varie generazioni è l’approccio che contraddistingue la generazione Z rispetto alle generazioni successive.
Il 59% dei giovanissimi legge le notizie online (che non vogliono pagare) solo quando hanno bisogno di informarsi, uno su tre dichiara addirittura di leggere le notizie malvolentieri (un dato che aumenta vertiginosamente tra i giovanissimi americani – 66,1% – e tra quelli inglesi – 53,2%) e un under 22 su cinque trova addirittura la lettura online delle notizie stressante.
Un atteggiamento che cambia sensibilmente con l’avanzare dell’età e la maggiore maturità: il 59% degli italiani nella fascia d’età 23-38 anni e il 66% di quelli tra i 35 e i 54 anni infatti si dichiara “assiduo lettore di news” con livelli quasi doppi dei coetanei anglosassoni.
E’ scontro tra piattaforme social e siti di informazione
I social sono la fonte d’informazione primaria dei più giovani (il 43% della generazione Z si informa sui social, il 35% sui siti di informazione, il 16% sui siti generalisti, il 6% su altre fonti), mentre le generazioni più adulte indicano i siti di news come fonte principale. I siti di news degli editori sono tuttavia, trasversalmente per tutte le generazioni, la destinazione privilegiata per chiunque voglia appositamente informarsi online su specifici fatti di cronaca.
Parere condiviso dagli intervistati di tutte le età è che i siti di informazione abbiano un’accuratezza e un’onestà nel riportare le informazioni maggiore di quella che si può ritrovare sui portali, nelle notizie nativamente riportate sui telefonini e sui social network. Quindi, quando è ora di informarsi davvero, la fiducia del lettore viene riposta prevalentemente nei siti di news.
Le notizie online più affidabili?
Quelle locali, sia in termini di onestà che di accuratezza dell’informazione, certamente più accertabile dai lettori dato che le notizie locali sono quelle che i lettori dichiarano di conoscere meglio. Subito a seguire, il lettore online di tutte le età, ripone fiducia nelle notizie di natura internazionale e solo dopo queste arrivano, in termini di fiducia, le notizie nazionali.
Basta la prima fonte trovata
La prima fonte consultata è sufficiente per ritenersi informati. Oltre l’80% degli intervistati dichiara infatti che già la prima fonte consultata è sufficiente a soddisfare il proprio bisogno informativo e non trova necessario procedere a ulteriori ricerche per verificare la notizia anche ricorrendo ad altri mezzi.
«In Italia si registra un maggiore interesse all’informazione on-line rispetto a Stati Uniti e Inghilterra, paesi che determinano i modelli di business nel nostro settore. Gli spunti della ricerca sull’utilizzo delle fonti e sulla tendenza a condividere sempre sui social dovrebbero far riflettere sulle strategie distributive basate sulla viralizzazione dei contenuti e sulla misurazione di condivisioni o visualizzazioni di pagina sulle varie piattaforme», spiega il presentatore dello studio, Fabrizio Angelini – Ceo di Sensemakers che rappresenta in esclusiva Comscore in Italia.
I device mobili vincono sul desktop…
Per quanto riguarda i device di accesso alle news, tutte le generazioni si informano online prevalentemente da device mobili. A luglio, ad esempio, il 42% degli italiani ha consultato i siti di news esclusivamente mediante smartphone o tablet, device che hanno generato il 72% del tempo totale speso nella lettura delle news.
…ma crolla la durata media di una visita
La tipologia di device utilizzata influenza sicuramente il trattamento editoriale e la capacità di approfondimento: la durata media di una visita a un sito di news da mobile è di 1,8 minuti mentre quella da desktop è di 5,2 minuti. Su mobile le notizie si fruiscono prevalentemente mediante la navigazione in browser oppure leggendo quelle nativamente presenti sul dispositivo.
I lettori di tutte le generazioni preferiscono di gran lunga queste modalità all’utilizzo delle App dei siti di news. La resistenza a scaricare nuove App e la tendenza ad utilizzarne frequentemente solo un numero limitato, costituiscono un freno alla diffusione delle App degli editori come leva di fidelizzazione dei lettori.
Informazione gratuita o a pagamento?
La generazione X è quella più teoricamente propensa (12%) a pagare un abbonamento per fruire di contenuti di news a fronte del solo 7% di propensione da parte dei giovanissimi della generazione Z, riconducibile alla loro minore disponibilità economica da un lato e alla minore rilevanza e frequenza di fruizione delle news dall’altro. La propensione a pagare aumenta sensibilmente però per altre tipologie di contenuti online, video e musica. Sono aumentati, infatti, in maniera considerevole gli utilizzatori di Netflix, Spotify e Apple Music.
«La limitata disponibilità a pagare per l’informazione si combina con l’aumento della competizione sulla capacità di spesa per altre forme di contenuti on-line e ciò potrebbe incentivare la nascita di offerte congiunte di servizi diversi», conclude Angelini.
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