Analisi della Legge di Bilancio 2019 e delle norme sull’editoria in essa contenute (QUARTA PARTE).
Con questo quarto articolo, proseguiamo il percorso di analisi e di approfondimento delle norme contenute nella Legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021). Il testo legislativo si compone di soli 19 articoli, più gli allegati, ma solo l’articolo 1 (Misure quantitative per la realizzazione degli obiettivi programmatici) contiene ben 1143 commi e, fra questi alcuni riguardano l’ambito editoriale, modificando e/o limitando il contributo statale al nostro settore.
Ricordiamo, inoltre, che:
– la PRIMA PARTE di questo studio ha riguardato la “Soppressione delle agevolazioni tariffarie telefoniche”, dal 1° gennaio 2020;
– la SECONDA PARTE ha esaminato la “Progressiva riduzione e abolizione dei contributi diretti alle imprese editrici di quotidiani e periodici”.
– la TERZA PARTE ha analizzato le “Agevolazioni (credito di imposta) per la vendita al dettaglio di giornali e periodici”.
ARRIVA ANCHE IN ITALIA LA WEB TAX
La “Digital tax” o “Web tax” è la tassazione sui giganti delle multinazionali del mercato digitale. Punta a raggiungere un maggiore equilibrio tra profitti e tassazione (fino a ora minima grazie all’esistenza di regimi fiscali di favore in alcuni Stati).
L’Italia aveva già una propria web tax, che però non è mai entrata in vigore per la mancanza dei decreti attuativi. Una lacuna dovuta in parte all’avvicendamento dei governi (da Gentiloni a Conte), in parte a un precisa volontà politica. Prevista dalla legge di Bilancio 2018 era un’imposta sostitutiva (cedolare del 3%) applicata ai ricavi derivanti dalle prestazioni di servizio effettuate tramite mezzi elettronici, al netto dell’IVA. L’imposta non dipendeva dal luogo di conclusione della transazione: era dovuta sempre e comunque ove i soggetti avessero effettuato un certo numero di prestazioni digitali. Si trattava di un tributo assimilabile ad un’imposta indiretta in quanto colpiva l’intero volume d’affari.
Con la legge di bilancio 2019 è stata introdotta in Italia una nuova imposta (pari al 3%) sui servizi digitali per le imprese che vendono online, forniscono pubblicità e trasmissione di dati.
Ricordiamo che, dal primo gennaio 2019, anche la Francia ha imposto una tassa nazionale sui cosiddetti GAFA: Google, Apple, Facebook e Amazon.
Il prelievo, secondo la legge italiana, si applica alle aziende con ricavi “ovunque realizzati” non inferiori a 750 milioni euro e ricavi derivanti da servizi digitali, realizzati nel territorio dello Stato, non inferiori a 5,5 milioni.
La legge prevede che le disposizioni di attuazione dell’imposta sui servizi digitali siano da emanare, con decreto, entro 4 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di Bilancio (quindi, entro il 1° maggio 2019). L’imposta sarà operativa dal sessantesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del citato decreto attuativo (ovvero non prima del 30 luglio 2019).
Questo è il testo:
(Imposta sui servizi digitali)
35. È istituita l’imposta sui servizi digitali.
36. Sono soggetti passivi dell’imposta sui servizi digitali i soggetti esercenti attività d’impresa che, singolarmente o a livello di gruppo, nel corso di un anno solare, realizzano congiuntamente:
a) un ammontare complessivo di ricavi ovunque realizzati non inferiore a euro 750.000.000;
b) un ammontare di ricavi derivanti da servizi digitali, di cui al comma 37, realizzati nel territorio dello Stato non inferiore a euro 5.500.000.
37. L’imposta si applica ai ricavi derivanti dalla fornitura dei seguenti servizi:
a) veicolazione su un’interfaccia digitale di pubblicità mirata agli utenti della medesima interfaccia;
b) messa a disposizione di un’interfaccia digitale multilaterale che consente agli utenti di essere in contatto e di interagire tra loro, anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni o servizi;
c) trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall’utilizzo di un’interfaccia digitale.
38. Non sono tassabili i ricavi derivanti dai servizi di cui al comma 37 resi a soggetti che, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, si considerano controllati, controllanti o controllati dallo stesso soggetto controllante.
39. I ricavi tassabili sono assunti al lordo dei costi e al netto dell’imposta sul valore aggiunto e di altre imposte indirette.
40. Il periodo d’imposta coincide con l’anno solare. Un ricavo si considera tassabile in un determinato periodo d’imposta se l’utente di un servizio tassabile è localizzato nel territorio dello Stato in detto periodo.
Un utente si considera localizzato nel territorio dello Stato se:
a) nel caso di un servizio di cui al comma 37, lettera a), la pubblicità figura sul dispositivo dell’utente nel momento in cui il dispositivo è utilizzato nel territorio dello Stato in detto periodo d’imposta per accedere a un’interfaccia digitale;
b) nel caso di un servizio di cui al comma 37, lettera b), se:
1) il servizio comporta un’interfaccia digitale multilaterale che facilita le corrispondenti cessioni di beni o prestazioni di servizi direttamente tra gli utenti, l’utente utilizza un dispositivo nel territorio dello Stato in detto periodo d’imposta per accedere all’interfaccia digitale e conclude un’operazione corrispondente su tale interfaccia in detto periodo d’imposta;
2) il servizio comporta un’interfaccia digitale multilaterale di un tipo che non rientra tra quelli di cui al numero 1), l’utente dispone di un conto per la totalità o una parte di tale periodo d’imposta che gli consente di accedere all’interfaccia digitale e tale conto è stato aperto utilizzando un dispositivo nel territorio dello Stato;
c) nel caso di un servizio di cui al comma 37, lettera c), i dati generati dall’utente che ha utilizzato un dispositivo nel territorio dello Stato per accedere a un’interfaccia digitale, nel corso di tale periodo d’imposta o di un periodo d’imposta precedente, sono trasmessi in detto periodo d’imposta.
41. L’imposta dovuta si ottiene applicando l’aliquota del 3 per cento all’ammontare dei ricavi tassabili realizzati dal soggetto passivo in ciascun trimestre.
42. I soggetti passivi sono tenuti al versamento dell’imposta entro il mese successivo a ciascun trimestre e alla presentazione della dichiarazione annuale dell’ammontare dei servizi tassabili prestati entro quattro mesi dalla chiusura del periodo d’imposta. Con il decreto di cui al comma 45 può essere previsto che, per le società appartenenti al medesimo gruppo, per l’assolvimento degli obblighi derivanti dalle disposizioni relative all’imposta sui servizi digitali sia nominata una singola società del gruppo.
43. I soggetti non residenti, privi di stabile organizzazione nel territorio dello Stato e di un numero identificativo ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, che nel corso di un anno solare realizzano i presupposti indicati al comma 36 devono fare richiesta all’Agenzia delle entrate di un numero identificativo ai fini dell’imposta sui servizi digitali. La richiesta è effettuata secondo le modalità previste dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate di cui al comma 46. I soggetti residenti nel territorio dello Stato che appartengono allo stesso gruppo dei soggetti di cui al primo periodo sono solidalmente responsabili con questi ultimi per le obbligazioni derivanti dalle disposizioni relative all’imposta sui servizi digitali.
44. Ai fini dell’accertamento, delle sanzioni e della riscossione dell’imposta sui servizi digitali, nonché per il relativo contenzioso, si applicano le disposizioni previste in materia di imposta sul valore aggiunto, in quanto compatibili.
45. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentiti l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, il Garante per la protezione dei dati personali e l’Agenzia per l’Italia digitale, da emanare entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le disposizioni di attuazione dell’imposta sui servizi digitali.
46. Con uno o più provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate sono definite le modalità applicative delle disposizioni relative all’imposta sui servizi digitali.
47. Le disposizioni relative all’imposta sui servizi digitali si applicano a decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di cui al comma 45.
48. Dall’attuazione della disciplina contenuta nei commi da 35 a 50 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
49. Il Ministro dell’economia e delle finanze presenta alle Camere una relazione annuale sullo stato di attuazione e sui risultati conoscitivi ed economici derivanti dalle disposizioni relative all’imposta sui servizi digitali. Nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (DEF), il Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento delle finanze presenta una relazione sull’attuazione della disciplina relativa all’imposta sui servizi digitali, anche ai fini dell’aggiornamento degli effetti finanziari derivanti dagli stessi.
50. I commi da 1011 a 1019 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, sono abrogati.
I commi da 35 a 50 istituiscono un’imposta sui servizi digitali, che si applica ai soggetti che prestano servizi digitali e che hanno un ammontare complessivo di ricavi pari o superiore a 750 milioni di euro, di cui almeno 5,5 milioni realizzati nel territorio italiano per prestazione di servizi digitali. L’imposta si applica con un’aliquota del 3 per cento sui ricavi e viene versata entro il mese successivo a ciascun trimestre. E’ contestualmente abrogata l’imposta sulle transazioni digitali istituita dalla legge di bilancio 2018, che avrebbe dovuto applicarsi a decorrere dal 1° gennaio 2019.
Più in dettaglio, il comma 35 istituisce l’imposta sui servizi digitali.
Soggetti passivi dell’imposta sono, comma 36, tutti i soggetti esercenti attività d’impresa (dunque persone fisiche e giuridiche, a prescindere dalla tipologia e dalla forma giuridica utilizzata), a condizione che superino la soglia di ricavi richiesta ex lege, singolarmente o a livello di gruppo, nel corso di un anno solare.
In particolare, i soggetti passivi devono realizzare congiuntamente:
a) un ammontare complessivo di ricavi, ovunque realizzati, non inferiore a 750.000.000 euro;
b) un ammontare di ricavi derivanti da servizi digitali, nel territorio dello Stato, non inferiore a 5.500.000 euro.
Ai sensi del comma 37 i ricavi da servizi digitali, cui si applica l’imposta, sono quelli derivanti dalla fornitura dei seguenti servizi:
a) veicolazione su un’interfaccia digitale di pubblicità mirata agli utenti della medesima interfaccia;
b) messa a disposizione di un’interfaccia digitale multilaterale, che consente agli utenti di essere in contatto e di interagire tra loro, anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni o servizi;
c) trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall’utilizzo di un’interfaccia digitale.
Il comma 38 esclude dall’imposta i ricavi derivanti dai servizi digitali, se sono resi a soggetti che, ai sensi delle norme del codice civile (articolo 2359) si considerano in posizione di controllo (siano essi controllati, controllanti o controllati dallo stesso soggetto controllante).
Il comma 39 definisce le modalità di calcolo dell’imponibile: i ricavi tassabili sono assunti al lordo dei costi e al netto dell’imposta sul valore aggiunto e di altre imposte indirette.
Ai sensi del comma 40 il periodo d’imposta coincide con l’anno solare. Il comma chiarisce altresì che un ricavo si considera tassabile in un determinato periodo d’imposta se l’utente di un servizio tassabile è localizzato nel territorio dello Stato in detto periodo.
Un utente è localizzato nel territorio dello Stato se:
a) nel caso di un servizio di veicolazione su un’interfaccia digitale di pubblicità mirata (comma 37, lettera a), la pubblicità in questione figura sul dispositivo dell’utente nel momento in cui il dispositivo è utilizzato nel territorio dello Stato in detto periodo d’imposta, per accedere a un’interfaccia digitale;
b) nel caso di un servizio di messa a disposizione di un’interfaccia digitale multilaterale, che consente agli utenti di essere in contatto e di interagire tra loro, anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni o servizi (comma 37, lettera b):
1. se il servizio comporta un’interfaccia digitale multilaterale che facilita le corrispondenti cessioni di beni o prestazioni di servizi direttamente tra gli utenti, l’utente utilizza un dispositivo nel territorio dello Stato in detto periodo d’imposta per accedere all’interfaccia digitale e conclude un’operazione corrispondente su tale interfaccia in detto periodo d’imposta;
2. se il servizio comporta un’interfaccia digitale multilaterale di un tipo che non rientra nel punto 1, l’utente dispone di un conto per la totalità o una parte di tale periodo d’imposta, che gli consente di accedere all’interfaccia digitale e tale conto è stato aperto utilizzando un dispositivo nel territorio dello Stato;
c) nel caso di un servizio di trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall’utilizzo di un’interfaccia digitale (comma 37, lettera c), i dati generati dall’utente che ha utilizzato un dispositivo nel territorio dello Stato per accedere a un’interfaccia digitale, nel corso di tale periodo d’imposta o di un periodo d’imposta precedente, sono trasmessi in detto periodo d’imposta.
Il comma 41 chiarisce che l’imposta dovuta si ottiene applicando l’aliquota del 3 per cento all’ammontare dei ricavi tassabili realizzati dal soggetto passivo in ciascun trimestre.
Il comma 42 indica le modalità di versamento dell’imposta, da effettuarsi entro il mese successivo a ciascun trimestre; la dichiarazione dell’imposta è invece annuale e riguarda l’ammontare dei servizi tassabili prestati entro 4 mesi dalla chiusura del periodo d’imposta. Con norma secondaria (decreto di cui al comma 45) può essere previsto che, per le società appartenenti al medesimo gruppo, per l’assolvimento degli obblighi derivanti dalle disposizioni in commento sia nominata una singola società del gruppo.
Ai sensi del comma 43, i soggetti non residenti, privi di stabile organizzazione nel territorio dello Stato e di un numero di partita IVA, che nel corso di un anno solare realizzano i presupposti per l’applicazione dell’imposta, sono tenuti a richiedere all’Agenzia delle Entrate un numero identificativo ai fini dell’imposta sui servizi digitali. La richiesta è effettuata secondo modalità previste con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate (di cui al comma 46).
I soggetti residenti nel territorio dello Stato, ove appartengano allo stesso gruppo dei soggetti non residenti (di cui sopra) sono solidalmente responsabili con questi ultimi per le obbligazioni derivanti dalla nuova imposta, la cui disciplina è contenuta nelle norme in esame.
Secondo il comma 44, per l’’accertamento, le sanzioni e la riscossione dell’imposta, nonché per il relativo contenzioso, si applicano le disposizioni previste in materia di imposta sul valore aggiunto, in quanto compatibili.
Il comma 45 affida a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico, sentite l’Autorità per la garanzia nelle comunicazioni, l’Autorità garante per la protezione dei dati personali e l’Agenzia per l’Italia digitale, da emanare entro 4 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge (1° maggio 2019), il compito di stabilire le disposizioni di attuazione dell’imposta sui servizi digitali.
Il successivo comma 46 affida invece ad uno o più provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle entrate il compito di individuare le modalità applicative dell’imposta.
Con riferimento all’applicabilità dell’imposta (comma 47), essa decorre dal sessantesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto attuativo del MEF (di cui al comma 45).
Il comma 48 reca la clausola di invarianza finanziaria.
Il comma 49 dispone che il Ministro dell’economia e delle finanze presenti alle Camere una relazione annuale sullo stato di attuazione e sui risultati conoscitivi ed economici derivanti dalle disposizioni così introdotte. Nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (DEF), il Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento delle finanze presenta una relazione sull’attuazione della disciplina dell’imposta, anche ai fini dell’aggiornamento degli effetti finanziari derivanti dagli stessi.
(Tale imposta, con un’aliquota del 3 per cento sul valore della singola transazione al netto dell’IVA, si sarebbe dovuta applicare nei confronti del soggetto prestatore, residente o non residente, che avesse effettuato nel corso di un anno solare un numero complessivo di transazioni superiore alle 3.000 unità, su base annua senza alcun riferimento all’ammontare coinvolto (il presupposto dell’imposta era definito, ad esempio, sia da 3.000 operazioni di 1 euro sia da 3.000 operazioni da 1.000 euro ciascuna).
Ai fini della riscossione, l’imposta veniva prelevata dai soggetti committenti dei servizi con obbligo di rivalsa sui soggetti prestatori.
Come già detto, tale imposta era destinata ad applicarsi dal 1° gennaio 2019; tuttavia, il perimetro oggettivo di applicazione della stessa è stato demandato a un decreto ministeriale, che avrebbe dovuto essere emanato il 30 aprile 2018 (comma 1012 legge di bilancio 2018), ma che non è stato mai emanato.
Detto decreto avrebbe dovuto anche individuare le modalità applicative dell’imposta, ivi compresi gli obblighi dichiarativi e di versamento, nonché eventuali casi di esonero. Nella risposta all’interrogazione n. 5-01007 in Commissione Finanze del 28 novembre 2018 il Governo riferì che l’adozione di detto decreto era in fase di istruttoria, anche al fine di tener conto degli sviluppi normativi europei, dove era in discussione presso il Consiglio dell’Unione europea la proposta di direttiva relativa ad un’imposta applicabile ai ricavi derivanti dalla fornitura di taluni servizi digitali).
Segnaliamo che questo articolo si basa sugli Atti parlamentari presentati nei due rami del Parlamento, dai Dossier di documentazione preparati dai Servizi Studi di Camera e Senato e dai Documenti acquisiti dalle Commissioni nel corso di conversione del provvedimento.
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