Corte UE sul diritto all’oblio: Google non tenuta alla deindicizzazione in tutte le versioni del motore di ricerca

Sentenza nella causa C-507/17 Google LLC Inc. vs. Commission nationale de l’informatique et des libertés (CNIL).

Il gestore di un motore di ricerca è tenuto, invece, ad effettuare la deindicizzazione nelle versioni corrispondenti a tutti gli Stati membri e ad attuare misure che scoraggino gli utenti di Internet dall’avere accesso, a partire da uno degli Stati membri, ai link di cui trattasi contenuti nelle versioni extra UE di tale motore.

LA COMMISSIONE NAZIONALE FRANCESE PER L’INFORMATICA E LE LIBERTÀ
Con decisione del 10 marzo 2016, la Presidente della Commission nationale de l’informatique et des libertés (Commissione nazionale per l’informatica e le libertà – CNIL, in Francia) aveva irrogato una sanzione di 100.000 euro alla Google Inc. in conseguenza del suo rifiuto, in accoglienza di una domanda di deindicizzazione, di applicare la stessa a tutte le estensioni del nome di dominio del suo motore di ricerca.

La Google Inc. aveva rifiutato di applicare la deindicizzazione a tutte le estensioni e si era limitata a sopprimere i link dai soli risultati visualizzati in esito a ricerche effettuate sulle declinazioni del suo motore di ricerca il cui nome di dominio corrisponde a uno Stato della UE.

La Google Inc. ha, per tale motivo, fatto ricorso al Conseil d’État (Consiglio di Stato francese) ritenendo che il diritto alla deindicizzazione non comporti necessariamente che i link controversi debbano essere soppressi, senza limitazioni geografiche, in tutti i nomi di dominio del proprio motore di ricerca.

IL CONSIGLIO DI STATO FRANCESE
Il Conseil d’État si è rivolto alla Corte di giustizia europea al fine di stabilire se le norme del diritto dell’Unione relative alla protezione dei dati personali debbano essere interpretate nel senso che, quando il gestore di un motore di ricerca accoglie una domanda di deindicizzazione, è tenuto ad effettuare quest’ultima su tutte le versioni del suo motore di ricerca o se, al contrario, sia tenuto ad effettuarla solo sulle versioni del suddetto motore corrispondenti a tutti gli Stati membri, oppure solo su quella corrispondente allo Stato membro di residenza del beneficiario della deindicizzazione.

LA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA
Nella sua Sentenza del 24 settembre 2019, la Corte di giustizia europea ha sottolineato che, in un mondo globalizzato, l’accesso da parte degli utenti di Internet – in particolare quelli localizzati al di fuori dell’Unione – all’indicizzazione di un link, che rinvia a informazioni concernenti una persona il cui centro di interessi si trova nell’Unione, può produrre effetti immediati e sostanziali sulla persona in questione all’interno dell’Unione stessa, ragion per cui una deindicizzazione mondiale sarebbe idonea a conseguire pienamente l’obiettivo di protezione perseguito dal diritto dell’Unione.

Essa ha precisato, tuttavia, che molti Stati terzi non riconoscono il diritto alla deindicizzazione o comunque adottano un approccio diverso per tale diritto. La Corte ha aggiunto che il diritto alla protezione dei dati personali non è una prerogativa assoluta, ma va considerato alla luce della sua funzione sociale e va contemperato con altri diritti fondamentali, in ossequio al principio di proporzionalità. Inoltre, ha precisato la Corte, l’equilibrio tra il diritto al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali, da un lato, e la libertà di informazione degli utenti di Internet, dall’altro, può variare notevolmente nel mondo.

Secondo la Corte UE, dalla normativa europea non emerge che il legislatore abbia proceduto a tale bilanciamento (tra privacy e diritto di informazione) per quanto riguarda la portata di una deindicizzazione al di fuori dell’Unione, né che abbia scelto di attribuire ai diritti dei singoli una portata che vada oltre il territorio degli Stati membri. Non risulta neppure – ad avviso dei giudici – che esso abbia inteso imporre a un operatore, come Google, un obbligo di deindicizzazione riguardante anche le versioni nazionali del suo motore di ricerca che non corrispondono agli Stati membri. Il diritto dell’Unione non prevede, per giunta, strumenti e meccanismi di cooperazione per quanto riguarda la portata di una deindicizzazione al di fuori dell’Unione.

LA SENTENZA
La Corte ha quindi concluso che, allo stato attuale, non sussiste, per il gestore di un motore di ricerca che accoglie una richiesta di deindicizzazione presentata dall’interessato, eventualmente a seguito di un’ingiunzione di un’autorità di controllo o di un’autorità giudiziaria di uno Stato membro, un obbligo, derivante dal diritto dell’Unione, di effettuare tale deindicizzazione su tutte le versioni del suo motore.

Il diritto dell’Unione – ha tuttavia osservato la Corte – obbliga il gestore di un motore di ricerca a effettuare tale deindicizzazione nelle versioni corrispondenti a tutti gli Stati membri e ad adottare misure sufficientemente efficaci per garantire una tutela effettiva dei diritti fondamentali della persona interessata. In tal senso, una simile deindicizzazione deve, se necessario, accompagnarsi a misure che permettano effettivamente di impedire – o quantomeno di scoraggiare – agli utenti di Internet che effettuano una ricerca sulla base del nome dell’interessato a partire da uno degli Stati membri di accedere a tale ricerca mediante una versione «extra UE» del suddetto motore. Il giudice nazionale dovrà verificare che le misure attuate dalla Google Inc. soddisfino tali esigenze.

LE CONCLUSIONI
Infine, la Corte ha rilevato che il diritto dell’Unione, pur non imponendo che la deindicizzazione verta su tutte le versioni del motore di ricerca, neppure lo vieta.

Pertanto, hanno concluso i togati della Corte di giustizia europea, le autorità degli Stati membri restano comunque competenti ad effettuare, conformemente agli standard nazionali di protezione dei diritti fondamentali, un bilanciamento tra, un lato, il diritto della persona interessata alla tutela della sua vita privata e alla protezione dei suoi dati personali e, dall’altro, il diritto alla libertà d’informazione. Solo ai sensi di tale bilanciamento, l’Autorità nazionale potrà richiedere, se del caso, che il gestore di un motore di ricerca effettui la specifica deindicizzazione su tutte le versioni del proprio motore