Corte Ue: “Giganti del web obbligati ad evitare pubblicazioni contenuti illeciti”.
La Polonia ha proposto dinanzi alla Corte di giustizia un ricorso di annullamento dell’articolo 17.
Ad avviso della ricorrente, tale articolo viola la libertà di espressione e d’informazione garantita dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea
Con la Sentenza C-401/19 – del 26 aprile scorso – la Corte di giustizia europea respinge il ricorso proposto dalla Polonia avverso l’articolo 17 della direttiva sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale.
Articolo che stabilisce che i siti online di condivisione di contenuti sono direttamente responsabili quando materiali protetti vengono caricati illegalmente dai loro utenti.
I giudici del Lussemburgo hanno quindi bocciato l’interpretazione polacca. Secondo cui l’articolo viola la la libertà di espressione e d’informazione garantita dalla Carta dei diritti fondamentali della stessa Unione europea.
“L’obbligo per i fornitori di servizi di condivisione di contenuti online di controllare i contenuti – che gli utenti intendono caricare sulle loro piattaforme prima della loro diffusione al pubblico – è accompagnato dalle garanzie necessarie. Per assicurare la sua compatibilità con la libertà di espressione e d’informazione”.
L’articolo 17 della direttiva 2019/790 stabilisce il principio in base al quale i fornitori di servizi di condivisione di contenuti online (cosiddetti del «web 2.0») sono direttamente responsabili. Quando materiali protetti (opere, ecc.) sono caricati illegalmente dagli utenti dei loro servizi.
I fornitori interessati possono tuttavia essere esonerati da tale responsabilità.
A tal fine essi sono tenuti, in particolare, conformemente alle disposizioni di detto articolo, a sorvegliare attivamente i contenuti caricati dagli utenti. Per prevenire la messa in rete di materiali protetti che i titolari dei diritti non desiderano rendere accessibili sui medesimi servizi.
Ecco alcune motivazioni espresse nella sentenza di rigetto del ricorso proposto dalla Polonia:
La Corte rileva anzitutto che, per beneficiare dell’esonero da responsabilità ai sensi dell’articolo 17, i fornitori di servizi di condivisione di contenuti online sono de facto tenuti a svolgere un controllo preventivo dei contenuti che gli utenti intendono caricare. A condizione che essi abbiano ricevuto, dai titolari dei diritti, le informazioni pertinenti e necessarie a tal fine.
Peraltro, per poter effettuare un tale controllo preventivo detti fornitori devono, a seconda del numero di file caricati e del tipo di materiale protetto di cui trattasi, utilizzare strumenti automatici di riconoscimento e filtraggio.
Per la Corte, un tale controllo e un siffatto filtraggio preventivi sono atti ad apportare una restrizione ad un importante mezzo di diffusione di contenuti online.
In tali condizioni, il regime specifico di responsabilità per i fornitori di servizi di condivisione di contenuti online comporta una limitazione dell’esercizio del diritto alla libertà di espressione e d’informazione degli utenti di tali servizi di condivisione.
Per quanto riguarda, poi, la giustificazione di una siffatta limitazione e, in particolare, la proporzionalità di quest’ultima rispetto all’obiettivo legittimo perseguito dall’articolo 17 – consistente nella tutela dei diritti di proprietà intellettuale – la Corte rileva:
in primo luogo, che il legislatore dell’Unione, al fine di prevenire il rischio che, in particolare, l’uso di strumenti di riconoscimento e filtraggio automatico comporta per il diritto alla libertà di espressione e d’informazione degli utenti dei servizi di condivisione di contenuti online, ha posto un limite chiaro e preciso alle misure che possono essere adottate o richieste nell’attuazione degli obblighi previsti a tale disposizione.
Escludendo, in particolare, le misure che filtrano e bloccano i contenuti leciti all’atto del caricamento.
In tale contesto la Corte ricorda che un sistema di filtraggio che rischi di non distinguere adeguatamente tra un contenuto illecito e un contenuto lecito – sicché il suo impiego potrebbe avere come risultato di bloccare comunicazioni aventi un contenuto lecito – sarebbe incompatibile con il diritto alla libertà di espressione e d’informazione. E non rispetterebbe il giusto equilibrio tra quest’ultimo e il diritto di proprietà intellettuale.
In secondo luogo, l’articolo 17 della direttiva 2019/790 dispone che gli utenti di tali servizi sono autorizzati dal diritto nazionale a caricare i contenuti generati dagli stessi.
E che essi sono informati, dai fornitori di detti servizi, della possibilità di utilizzare opere e altri materiali protetti. Conformemente alle eccezioni o limitazioni al diritto d’autore e ai diritti connessi previste dal diritto dell’Unione.
In terzo luogo, sempre ai sensi di tale articolo 17, la responsabilità a carico dei fornitori dei medesimi servizi di garantire che non siano disponibili determinati contenuti può sorgere solo a condizione che i titolari dei diritti interessati forniscano loro le informazioni pertinenti e necessarie in merito a tali contenuti.
In quarto luogo, detto articolo 17 precisa che la sua applicazione non comporta alcun obbligo generale di sorveglianza.
Ciò implica che i fornitori di servizi di condivisione di contenuti online non possono essere tenuti a prevenire il caricamento e la messa a disposizione del pubblico di contenuti. La constatazione della cui illiceità richiederebbe, da parte loro, una valutazione autonoma del contenuto alla luce delle informazioni fornite dai titolari dei diritti nonché di eventuali eccezioni e limitazioni al diritto d’autore.
In quinto luogo, il medesimo articolo 17 introduce varie garanzie procedurali che tutelano il diritto alla libertà di espressione e d’informazione degli utenti di tali servizi qualora i fornitori di detti servizi disabilitino comunque, per errore o senza alcun fondamento, contenuti leciti.
Trovare il giusto equilibrio tra il rispetto del diritto alla libertà di espressione e il diritto di proprietà intellettuale
La Corte ne deduce che l’obbligo per i fornitori di servizi di condivisione di contenuti online di controllare i contenuti che gli utenti intendono caricare sulle loro piattaforme è stato accompagnato, dal legislatore dell’Unione, da garanzie adeguate per assicurare il rispetto del diritto alla libertà di espressione e d’informazione degli utenti di tali servizi, nonché il giusto equilibrio tra tale diritto, da un lato, e il diritto di proprietà intellettuale, dall’altro.
(Foto in alto: sede della Corte di giustizia europea – tratta da www.onuitalia.com)
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