MILANO (ITALPRESS) – E’ morto all’eta’ di 92 anni l’architetto Vittorio Gregotti. Era affetto dal Covid-19.
Novarese di nascita, si forma professionalmente tra l’Italia e la Francia. A Parigi nel dopoguerra apprende le prime lezioni di architettura nello studio dei fratelli Perrier. Intanto arriva la laurea al Politecnico di Milano. I primi passi della professione li muove sotto la supervisione di quello che e’ considerato il suo piu’ grande maestro, Ernesto Nathan Rogers. E proprio con Rogers firma nel 1951 la sua prima sala alla Triennale di Milano. E sempre Rogers lo chiamera’ a collaborare alla rivista Casabella.
Intanto i suoi rapporti con i grandi architetti internazionali cominciano a crescere: frequenta personaggi come Le Courbisier o Groupius. Il 1974 e’ l’anno della svolta: da’ vita al suo studio professionale, Gregoretti Associati International, attraverso il quale firma opere in una ventina di Paesi. Progetta dipartimenti universitari (a Palermo, Cosenza e Milano), edifici pubblici in Italia e all’estero, stadi come quello di Genova, Barcellona, Agadir, teatri come il milanese Arcimboldi, chiese o persino navi da crociera. Progetta nuove citta’ siglando piani regolatori o concependo dal nulla innovativi agglomerati urbani. E proprio nell’ideazione di un nuovo modo di vivere le comunita’ e le residenze che quelle comunita’ vengono pensate per accogliere, s’imbatte in quello che lui stesso ha sempre considerato un progetto mal riuscito, addirittura un fallimento, come nel caso del quartiere Zen di Palermo, e sul quale in passato ha denunciato di non essere riuscito a completare a causa delle infiltrazioni mafiose. “Lo Zen – spiego’ Gregotti – lo rifarei uguale al progetto. Li’ il solo errore e’ stato non aver capito quale ruolo formidabile potere avesse la mafia. E’ rimasto un progetto incompiuto”.
(ITALPRESS).
Novarese di nascita, si forma professionalmente tra l’Italia e la Francia. A Parigi nel dopoguerra apprende le prime lezioni di architettura nello studio dei fratelli Perrier. Intanto arriva la laurea al Politecnico di Milano. I primi passi della professione li muove sotto la supervisione di quello che e’ considerato il suo piu’ grande maestro, Ernesto Nathan Rogers. E proprio con Rogers firma nel 1951 la sua prima sala alla Triennale di Milano. E sempre Rogers lo chiamera’ a collaborare alla rivista Casabella.
Intanto i suoi rapporti con i grandi architetti internazionali cominciano a crescere: frequenta personaggi come Le Courbisier o Groupius. Il 1974 e’ l’anno della svolta: da’ vita al suo studio professionale, Gregoretti Associati International, attraverso il quale firma opere in una ventina di Paesi. Progetta dipartimenti universitari (a Palermo, Cosenza e Milano), edifici pubblici in Italia e all’estero, stadi come quello di Genova, Barcellona, Agadir, teatri come il milanese Arcimboldi, chiese o persino navi da crociera. Progetta nuove citta’ siglando piani regolatori o concependo dal nulla innovativi agglomerati urbani. E proprio nell’ideazione di un nuovo modo di vivere le comunita’ e le residenze che quelle comunita’ vengono pensate per accogliere, s’imbatte in quello che lui stesso ha sempre considerato un progetto mal riuscito, addirittura un fallimento, come nel caso del quartiere Zen di Palermo, e sul quale in passato ha denunciato di non essere riuscito a completare a causa delle infiltrazioni mafiose. “Lo Zen – spiego’ Gregotti – lo rifarei uguale al progetto. Li’ il solo errore e’ stato non aver capito quale ruolo formidabile potere avesse la mafia. E’ rimasto un progetto incompiuto”.
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