ROMA (ITALPRESS) – “Governare i processi contro la nuova esplosione di Covid a colpi di DPCM e rimpalli tra Governo e Regioni è del tutto inaccettabile, così come è assurdo il fatto che si siano persi mesi preziosi per riorganizzare gli ospedali e impostare con chiarezza l’ingresso stabile di medici nel SSN per compensare il deficit di personale ormai drammatico”. La Federazione CIMO-FESMED critica così la gestione politica della nuova progressione della pandemia e avverte: “La rabbia dei medici negli ospedali aumenta, il Ministro Speranza deve lanciare un segnale e verificare la situazione reale negli ospedali, dove i medici vengono spostati in aree Covid o nei pronti soccorso pur non avendo la necessaria specializzazione o formazione”. L’associazione di categoria su quest’ultimo punto invia una diffida ad Aziende Sanitarie e Regioni, informandone anche Prefetture e Procure della Repubblica.
“L’idea di chiudere ma non chiudere; di aprire ma non aprire; di spostarsi in alcune aree ed in altre no – commenta il presidente della Federazione, Guido Quici – dimostra il disorientamento spazio-temporale delle istituzioni di governo, con l’aggravante di ipotizzare aree differenziate del Paese che potranno essere oggetto di misure differenziate a seconda degli scenari di rischio, mentre i medici e il personale sanitario sono ancora una volta abbandonati alla disorganizzazione delle strutture e alla indifferenza della politica”.
Per la Federazione “se la prima ondata della pandemia era stata affrontata con buoni risultati, la stessa già appariva come un semplice avvertimento perchè presto il virus si sarebbe esteso, con numeri molto più importanti, su tutto il territorio nazionale. E, mentre si discute sul ruolo fondamentale della medicina del territorio e si definisce la nuova figura dell’infermiere di “quartiere”, nessuno si è preoccupato in questi mesi di riorganizzare gli ospedali per affrontare quello che sarebbe stato il vero impatto della pandemia”.
“Ci chiediamo – aggiunge il presidente Quici – se il ministro Speranza abbia compreso che il personale medico e sanitario che lavora negli ospedali è psicologicamente provato; è stanco perchè lavora da anni anche per supplire le migliaia di colleghi che non sono stati sostituiti dopo il pensionamento; è tradito e deluso nelle proprie aspettative professionali; è preoccupato per la salute propria e dei suoi familiari; ma, soprattutto, è fortemente demotivato ed arrabbiato per l’utilizzo improprio delle sue prestazioni attraverso atti di imperio, a volte, intimidatori, assunte a dispregio della propria dignità professionale. Gli ospedali – conclude Quici – rischiano di diventare una vera e propria “pentola a pressione”, anche con ricadute sull’assistenza e questo non può essere consentito nell’attuale contesto emergenziale. A Speranza chiediamo con forza un segnale di vicinanza ai medici ospedalieri, anche andando a verificare cosa succede realmente nelle strutture”.
(ITALPRESS).
“L’idea di chiudere ma non chiudere; di aprire ma non aprire; di spostarsi in alcune aree ed in altre no – commenta il presidente della Federazione, Guido Quici – dimostra il disorientamento spazio-temporale delle istituzioni di governo, con l’aggravante di ipotizzare aree differenziate del Paese che potranno essere oggetto di misure differenziate a seconda degli scenari di rischio, mentre i medici e il personale sanitario sono ancora una volta abbandonati alla disorganizzazione delle strutture e alla indifferenza della politica”.
Per la Federazione “se la prima ondata della pandemia era stata affrontata con buoni risultati, la stessa già appariva come un semplice avvertimento perchè presto il virus si sarebbe esteso, con numeri molto più importanti, su tutto il territorio nazionale. E, mentre si discute sul ruolo fondamentale della medicina del territorio e si definisce la nuova figura dell’infermiere di “quartiere”, nessuno si è preoccupato in questi mesi di riorganizzare gli ospedali per affrontare quello che sarebbe stato il vero impatto della pandemia”.
“Ci chiediamo – aggiunge il presidente Quici – se il ministro Speranza abbia compreso che il personale medico e sanitario che lavora negli ospedali è psicologicamente provato; è stanco perchè lavora da anni anche per supplire le migliaia di colleghi che non sono stati sostituiti dopo il pensionamento; è tradito e deluso nelle proprie aspettative professionali; è preoccupato per la salute propria e dei suoi familiari; ma, soprattutto, è fortemente demotivato ed arrabbiato per l’utilizzo improprio delle sue prestazioni attraverso atti di imperio, a volte, intimidatori, assunte a dispregio della propria dignità professionale. Gli ospedali – conclude Quici – rischiano di diventare una vera e propria “pentola a pressione”, anche con ricadute sull’assistenza e questo non può essere consentito nell’attuale contesto emergenziale. A Speranza chiediamo con forza un segnale di vicinanza ai medici ospedalieri, anche andando a verificare cosa succede realmente nelle strutture”.
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