Silvia Costa: “Sarà un impoverimento culturale per tutti”.
Rinnovata invece la cooperazione con Bruxelles contro il traffico illecito di beni culturali.
L’Unione Europea e il Regno Unito hanno raggiunto un accordo, in vigore dal 1° gennaio 2021, per regolare i loro rapporti commerciali post-Brexit. Londra ha deciso ufficialmente di non aderire più al programma della Ue Europa Creativa, rinnovato per il prossimo bilancio comunitario pluriennale (2021-2027) con un budget di 2,2 miliardi per i prossimi sette anni.
Come spiega bene un articolo di AgCult (Agenzia giornalistica specializzata nelle politiche pubbliche relative al settore della cultura e del turismo), il programma europeo dedicato a finanziare i settori creativo e culturale è aperto alla adesione di Paesi extra UE, come la Serbia e la Norvegia (attualmente sono 13 in tutto). I Paesi fuori dalla Unione che decidono di aderire a Europa Creativa pagano un contribuito finanziario a parte per la partecipazione, che sostituisce il contributo che gli Stati membri danno al programma attraverso il bilancio comunitario.
Il governo di Boris Johnson ha preferito non rinnovare l’adesione a Europa Creativa così come anche per Erasmus+, ovvero il principale programma europeo che si occupa di scambio e opportunità di lavoro dentro l’UE, definito “troppo costoso” dal governo inglese. Il Regno Unito farà parte invece del programma Horizon Europe dedicato alla Ricerca.
“Tra il 2014 (quando è stato lanciato il programma) e fino al 2018 – ricorda nel suo articolo AgCult – Europa Creativa ha finanziato con 89,5 milioni di euro 376 organizzazioni culturali e creative e società audiovisive con sede nel Regno Unito e ha contribuito a distribuire 190 film del Regno Unito in altri Paesi europei”.
L’accordo raggiunto tra Bruxelles e Londra, invece, garantisce che il Regno Unito continuerà a collaborare al fianco dell’UE nella salvaguardia e contro il traffico e il commercio illegale dei beni culturali, oltre che impegnandosi alla restituzione dei beni rimossi illegalmente dai Paesi d’origine.
“La Gran Bretagna esce dalla dimensione sociale e culturale europea per mantenere invece una posizione sui programmi propedeutici alla competitività sui mercati. Temevamo il cherrypicking, questo mi pare sia anche peggio. – ha sottolineato Silvia Costa, relatrice nella passata legislatura europea del programma – Una decisione che dal primo gennaio penalizzerà migliaia di artisti, professionisti della cultura e del patrimonio culturale, operatori culturali e imprese creative, editori, autori, produttori audiovisivi e registi, musicisti danzatori e scrittori, istituzioni culturali (a cominciare dal British institute) e media”.
“Qualcuno potrebbe dire che ci saranno più risorse e opportunità per gli altri 27 Paesi, – ha concluso la parlamentare europea – ma io penso che per tutti si impoverirà la dimensione culturale e formativa, il senso di appartenenza ad una comune cultura e patrimonio europeo, la dimensione di libertà, di riconoscimento reciproco e di relazioni pacifiche che sono il vero e più profondo valore della Unione Europea”.
L’accordo raggiunto deve ora essere ratificato dal Parlamento europeo riunito in seduta plenaria, anche se ancora non è stata fissata la data.
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