Pechino ha approvato a fine agosto una nuova legge sulla privacy dei dati, che ha contenuti apparentemente più stringenti. L’effetto sui mercati è stato immediatamente evidente: i principali titoli tecnologici sono caduti abbastanza decisamente.
Il Comitato permanente del Congresso Nazionale del Popolo Cinese ha, da poco, approvato la prima storica legge sulla privacy della storia della Cina.
Entrerà in vigore il 1° novembre ma, da subito, ha penalizzato le Big Tech cinesi, le più esposte alla stretta sul controllo dei dati personali dei cittadini.
Non si conosce ancora il contenuto esatto della normativa, ma pare che abbia preso spunto dal GDPR europeo.
Sanzioni pesanti, ritiro di licenze per chi non si allinea e continua a sfruttare commercialmente (o per altri fini) i dati sensibili.
Un divieto che vale per tutte le società, incluse quelle straniere in Cina e all’estero, cinesi e non, destinatarie di dati personali.
Le autorità cinesi stanno esercitando una forte azione regolatoria sulle principali compagnie cinesi del web (tech, fintech e di gaming), che valgono decine di miliardi alle principali compagnie cinesi del web.
Gli effetti sui listini di Borsa si sono fatti immediatamente sentire, abbattendosi negativamente sulle big tech nazionali, le società più esposte alla stretta sul controllo dei dati personali dei cittadini.
L’indice Hang Seng Tech della Borsa di Hong Kong, dove sono quotati giganti come Alibaba, Tencent e altri, in una settimana hanno perso circa il 9%, da quando l’agenzia di stampa nazionale Xinhua ha battuto la notizia dell’approvazione della nuova regolamentazione.
Alibaba, il gruppo di e-commerce di Jack Ma – in particolare – ha perduto il 2 per cento, ma già aveva scontato perdite consistenti al NASDAQ, dove pure è quotato, con un -7 per cento alla chiusura.
A questo sopra si aggiunga anche il regolamento della Cybersecurity authority of China (CAC), che dal 1° ottobre impone agli operatori che raccolgono ed elaborano i dati dei veicoli in Cina di sottoporsi a valutazioni di sicurezza se forniscono queste informazioni all’estero per esigenze commerciali.
E, in ordine, anche all’imminente entrata in vigore della legge sulla protezione dei flussi di dati in uscita dal Paese che finirà con il rendere ancora più complicate le cose.
Il nuovo quadro ha avuto come conseguenza quella di rendere un po’ più sfiduciati gli investitori nei titoli cinesi. Con l’indice Golden Dragon del Nasdaq che ha di fatti perso l’8% in una settimana e che in sei mesi ha dimezzato il valore.
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