È risaputo che l’odierno ecosistema digital mondiale è governato dalle grandi aziende tecnologiche (Big Tech) che, con sempre nuove acquisizioni, non solo ampliano la loro posizione commerciale ma anche il loro controllo sui mercati adiacenti a quello tecnologico.
Questo, in sintesi, emerge dal nuovo approfondimento del Washington Post sul business tech e digital mondiale monopolizzato dai grandi player.
È l’esempio di Character AI, start-up creata da due ex ricercatori Google, che avendo abbandonato Big G nel 2022, provarono la strada dell’indipendenza dal colosso. Un’autonomia durata poco, vista la recente annessione di Character AI proprio agli uffici Google. Una mossa che fa porre delle domande e delle preoccupazioni sulla questione del monopolio delle Big Tech.
Nel momento dell’acquisizione di una start-up, Google, come ogni altra grande azienda tecnologica, non appropria solo dei relativi prodotti, idee e ricerche, ma rafforza anche la sua posizione globale. Per questo un accordo tramite transazione è un’arma essenziale per le Big, perchè garantisce riserbo, eludendo spesso le autorità Antitrust.
Dall’inchiesta del Washington Post, emerge che questa pratica è piuttosto diffusa. Infatti, già nello scorso marzo, Microsoft aveva spostato nei suoi uffici il capo di Inflection AI, piccola azienda tech in crescita, produttrice di un chatbot. Stessa modalità di espansione per Amazon, che ha recentemente annunciato un accordo con Adept AI, start-up fondata da un ex ingegnere Google e OpenAI.
A seguito di queste attività a scopo “predatorio” da parte dei colossi della tecnologia, l’Autorità di controllo della concorrenza del Regno Unito, la Competition and Markets Authority (CMA) ha avviato un’indagine che vuole esaminare la “rete interconnessa” di partnership in ambito tech e IA.
Le aziende coinvolte sono Google, Apple, Microsoft, Meta, Amazon e Nvidia, sospettate di pratiche anticoncorrenziali e potenzialmente di mancata protezione dei dati personali.
In effetti, un problema annesso alle acquisizioni è l’utilizzo di dati degli utenti in maniera scorretta. L’analisi degli stessi per scopi commerciali o di sorveglianza senza che gli utenti ne siano realmente consapevoli potrebbe aggravare i reati delle Big Tech.
Ma non è solo il Regno Unito che esamina questi comportamenti. La disputa tra gli USA e TikTok è un altro caso che è in corso da mesi. Il social infatti è stato citato in giudizio dal Dipartimento di Giustizia americano e accusato di aver violato su larga scala la raccolta e la condivisione di milioni di dati di minori americani.
Articolo di T.S.
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